(Chiudi pagina)


SAGGIO    SULLA    METAMORFOSI

D E L L E    P I A N T E.

di

G. W. GOETHE


(La Metamorfosi delle Piante è un saggio scritto da Johann Wolfgang von Goethe nel 1790, col quale egli riconobbe l'omologia delle componenti di piante diverse, e soprattutto quella di fasi successive della vita di una stessa pianta (petali e foglie). Questo saggio rientra nel corpus della cosiddetta scienza goethiana. - Wikipedia)



INDICE

Introduzione
I. Dei Cotiledoni
II. Sviluppo delle foglie dello stelo da un nodo all'altro
III. Passaggio allo stato d'infiorazione
IV. Formazione del Calice
V. Formazione della Corolla
VI. Formazione degli Stami
VII. Nettari
VIII. Ancora qualche cenno sugli Stami
IX. Formazione dello Stilo
X. Dei Frutti
XI. Dell'involucro immediato del seme
XII. Ricapitolazione e transizione
XIII. Delle Gemme e del loro sviluppo
XIV. Formazione dei Fiori e dei Frutti composti
XV. Rosa Prolifera
XVI. Garofano Prolifero
XVII. Teoria di Linneo sull'anticipazione
XVIII. Riepilogo

APPENDICE
I. L'autore presenta la Storia dei suoi studi botanici
II. Influenza di questo scritto, e sviluppo ulteriore dell'idea che vi si trova esposta

Sulla tendenza spirale








Goethe pubblicava la prima volta nell'anno 1790 il Saggio sulla Metamorfosi delle piante, che riproduceva poi nel 1831 colla versione francese a riscontro, Questa seconda edizione veniva accompagnata da due Appendici, ed inoltre da un Saggio Sulla tendenza spirale. Nella prima Appendice l'Autore offre la genesi delle sue scoperte intorno alla vegetazione delle piante, e la storia dei suoi studi botanici: questo lavoro pieno di espansioni è di un'attrattiva tutta propria, ed opportunissimo a dar rilievo a qualche lineamento meno generalmente conosciuto della fisonomia letteraria di quest'uomo insigne. Nella seconda Appendice tracciò i progressi fatti dalla sua teoria nel regno scientifico nel l'intervallo dalla prima alla seconda edizione.
La teoria di Goethe ha esercitato una troppo grande influenza nei moderni sistemi intorno alla vegetazione delle piante, perchè non debba riuscire accetto agli amatori Italiani di siffatto genere di studi, che in una fedele traduzione sia loro porto il mezzo di riscontrare, per così dire alla fonte, l'impronta genuina e la deduzione originale dei principi che formano la base di quella teoria, anzichè dovere stare contenti ad attignerne nozioni di seconda mano negli altrui scritti.
Non è da noi, che appena ci presentiamo sul limitare delle scienze, l'entrare in analisi o commenti del libro che abbiamo preso a tradurre come a preludio dei seri studi ai quali ci veniamo disponendo. Ed oltrechè presuntuosa, sarebbe pure opera superflua in un argomento già da altri, anche fra i nostri, illustrato(1).
Solo pertanto ci resta ad augurare che questo nostro tentativo sia per trovare presso i dotti benevola accoglienza.

(1) Veggansi gli eruditi articoli inseriti dal barone Vincenzo Cesati nei vol. 84, pag. 92; 86, pag. 71; e 87, pag. 378 della Biblioteca Italiana, sotto il titolo: Teoriche dei botanici del Nord in fatto di Fisica vegetabile; la dissertazione del signor Giuseppe Bergonzoli: De plantarum morphologia (Pavia 1838, in 8°), ec. ec.





Introduzione   

1
Chiunque si faccia ad osservare con qualche attenzione la vegetazione delle piante, noterà di leggieri, come certe loro parti esterne sovente si trasformino e trapassino, quando intieramente, quando più o meno, alla forma delle parti adiacenti.

2
Così, per esempio, le più volte il fiore semplice si fa doppio allorquando, invece di stami e di antere, si sviluppano dei petali, i quali, sia per la forma, sia pel colore, sono perfettamente simili alle altre foglie della corolla, o conservano dei caratteristici tuttora riconoscibili della loro origine.

3
Ora, se si consideri, che di tal maniera diventa possibile alla pianta di fare un passo retrogrado, e d'invertire l'ordine della vegetazione, ciò dovrà renderci vieppiù attenti all'andamento regolare della natura, e allora apprenderemo a conoscere quelle leggi di trasformazione, in virtù delle quali essa produce una parte del vegetabile per mezzo d'un'altra, e, colla modificazione di un solo organo, presenta le più svariate forme.

4
La segreta affinità delle varie parti esterne del vegetabile, come le foglie, il calice, la corolla, gli stami, che si sviluppano un dopo l'altro e insieme un dall'altro, fu già da molto tempo genericamente riconosciuta dai naturalisti, ed anche particolarmente studiata; ed il fenomeno pel quale l'identico organo ci si presenta sotto sì diverse apparenze, prese il nome di Metamorfosi delle piante.

5
Questa metamorfosi ci si manifesta in tre modi: regolarmente, irregolarmente ed accidentalmente.

6
La metamorfosi regolare può dirsi eziandio progressiva, poiché è dessa che dal nascere del cotiledone fino alla completa formazione del frutto si scorge in continua e graduale azione, e, tramutandosi da una forma in un'altra, quasi per una scala impercettibile, giunge a quell'ultimo atto di potenza della natura, la riproduzione per mezzo dei due sessi. Ed è appunto questa ch'io esplorai attentamente per molti anni, e che mi propongo di spiegare nel presente Saggio. Perciò nella seguente esposizione considereremo la pianta puramente come annuale, e nelle sue condizioni di continuato sviluppo dal seme fino alla fruttificazione.

7
La metamorfosi irregolare potrebbe anche chiamarsi retrograda. Poiché, se nel primo caso la natura procede direttamente al suo grande scopo della fruttificazione, nel secondo invece retrocede di uno o più gradi. Nel primo essa produce i fiori come per un impeto irresistibile, con una intensità di forza, e li dispone alla fecondazione; nel secondo invece si rallenta ad un tratto, e indecisa lascia l'opera sua in uno stato incompiuto, debole, spesso gradevole all'occhio, ma intrinsecamente impotente ed inefficace. Le osservazioni, che avremo occasione di fare intorno a questo genere di metamorfosi, ci porranno in grado di scoprire ciò che lo sviluppo regolare ci tiene nascosto, e di scorgere patente quello che quest'ultimo ci consente appena di congetturare; e con questo metodo è da sperare che potremo raggiungere il nostro scopo con sicurezza maggiore.

8
All'incontro sorpasseremo al terzo genere di metamorfosi, cioè l'accidentale, la quale è prodotta da cause esterne, in ispecie dagli insetti, perchè ci stornerebbe dalla via diritta che noi dobbiamo seguitare, e così dal nostro scopo. Forse ci accaderà di parlare altrove di queste escrescenze mostruose, che però si contengono entro certi limiti.

9
Mi sono attentato a stendere il presente Saggio senza corredo di tavole illustrative, che pure per più riguardi potrebbero sembrar necessarie. Mi riservo di supplirvi poi; al che non mancherà opportunità, rimanendo ancora abbondante materia per chiarire e svolgere più estesamente questa, per così dire, dissertazione preliminare. Allora non sarà necessario procedere gradatamente e passo a passo, come al presente, e vi potranno trovar luogo altre osservazioni analoghe ed affini, non che le citazioni degli altri scrittori coincidenti col nostro sistema. In ispecie non lascerò di mettere a profitto tutti gli scritti degli autori contemporanei, che onorano questa interessante scienza, ed ai quali io dedico e sottopongo le seguenti pagine.

I - Dei Cotiledoni   

10
Essendo nostro proponimento di osservare l'andamento progressivo nella vegetazione delle piante, fissiamo a tutta prima la nostra attenzione sul punto, quando la pianta si sviluppa dal seme. Gli è infatti a tale epoca che possiamo riconoscere con facilità e precisione le parti, che essenzialmente la costituiscono. Essa lascia nella terra più o meno i suoi involucri, i quali per ora non formano soggetto dei nostri esami; ed in molti casi, quando la radice si è assicurata nel terreno, mette fuori i primi organi della sua vegetazione superiore, che già preesistevano sotto gli integumenti del Seme.

11
Questi primi organi sono conosciuti sotto il nome di Cotiledoni; furono chiamati anche foglie seminali, nuclei, lobi, cercandosi così di designare le diverse forme, sotto le quali si presentano ai nostri occhi.

12
Sovente appaiono informi, riempiti di una materia bruta, non più lunghi che larghi; i loro vasi sono appena discernibili; non hanno nulla di somigliante alle foglie, e possono prendersi per organi particolari.

13
Però in molte piante si accostano alla forma di foglia; si appiattiscono ed, esposti alla luce ed all'aria, prendono una tinta verde più forte; i loro vasi diventano più discernibili e più rassomiglianti allo scheletro di una foglia.

14
Finalmente ci si mostrano come vere foglie: i loro vasi appaiono suscettibili del più perfetto sviluppo; la loro somiglianza colle foglie successive non ci permette più di considerarli come organi particolari; bensì ci si presentano come le prime foglie dello stelo.

15
Ora se non si può immaginare l'esistenza di una foglia senza nodo e di un nodo senza gemma, inferiremo che il punto, ove i cotiledoni stanno attaccati, sia il vero nodo primitivo della pianta. Questa illazione riesce confermata da quelle piante, le quali caccian fuori delle piccole gemme immediatamente sotto le ali dei cotiledoni, e da questo primo nodo sviluppano rami perfetti, come avviene nella Vicia Faba.

16
ll più delle volte i cotiledoni sono doppi: e qui accade di fare un'osservazione, che in seguito ci apparirà ancor più importante, ed è, che le foglie di questo primo nodo sono opposte, laddove le successive foglie dello stelo sono alterne. In questo stato pertanto si scorge un avvicinamento ed una riunione di parti, che successivamente la natura separa e distacca le une dalle altre. E la cosa è ancor più rimarchevole, quando i cotiledoni appaiono come più fogliuzze raccolte intorno ad un asse; e lo stelo, che si sviluppa a poco a poco dal loro centro, caccia fuori intorno a sé le foglie successive isolate; il qual fenomeno è notabilissimo nel crescere delle varie specie di pini. Qui si forma una corona di foglie lineari quasi a foggia di calice; di che avremo a risovvenirci in appresso, allorchè ci si presenteranno consimili apparenze.

17
Per ora tralasceremo di occuparci dei semi ad un sol lobo e totalmente informi (monocotiledoni), che germogliano con una sola foglia.

18
Noteremo bensì che anche i cotiledoni, che hanno più somiglianza colle foglie successive dello stelo, sono sempre meno sviluppati di esse. In ispecie il loro contorno è semplicissimo, né vi si scorge traccia di frastagli, come sulla loro superficie non si discernono peli od altri vasi propri delle foglie in istato perfetto.



II - Sviluppo delle foglie dello stelo da un nodo all'altro.   

19
Ora noi possiamo osservare più esattamente lo sviluppo graduale delle foglie, poiché l'azione progressiva della natura si esercita oggi mai totalmente sotto i nostri occhi. Spesso alcune ed anche parecchie delle foglie successive esistono già nel seme, e giacciono rinchiuse in mezzo ai cotiledoni; ed in tale stato di ripiegamento sono conosciute sotto il nome di piumetta.
In diverse piante la loro forma diversifica da quella dei cotiledoni e delle foglie successive; ma esse differiscono già dai cotiledoni principalmente in questo, che sono piatte, molli e in generale conformate come le vere foglie; che si tingono compiutamente in verde; che posano su di un nodo chiaramente visibile, e non lasciano più dubbio della loro affinità colle successive foglie dello stelo, se non che il loro contorno od orlo non ha tutta la sua finitezza.

20
Pure il progressivo sviluppo si propaga senza interruzione di nodo in modo per tutta la foglia, mentre la costa centrale si allunga, e le sue nervature si stendono lateralmente. Questi diversi rapporti delle nervature fra loro sono la causa principale della varietà nella forma delle foglie. Le foglie cominciano a presentarsi intaccate con frastagli marcati, composte di molte fogliuzze; nel quale ultimo caso rassomigliano ad un piccolo stelo perfetto. La Palma Dattilifera ci offre l'esempio del massimo grado di variazioni che subisce la foglia dal suo più semplice stato progredendo al suo completo sviluppo. La costa centrale si distende sviluppando una serie di foglie; la foglia semplice, simile ad un ventaglio, si lacera, si divide, e da questo processo risulta una foglia estremamente composta e che emula la forma di uno stelo perfetto.

21
A misura che si sviluppa la foglia, si sviluppa anche il peziolo, sia egli immediatamente connesso colla sua foglia, o formi un particolare organo facile in seguito a separare.

22
Vediamo in molti vegetabili che questo pezìolo, che forma un organo indipendente, ha esso pure una disposizione ad assumere la forma di foglia, per esempio negli agrumi; il suo organismo ci porgerà più avanti soggetto ad alcune osservazioni, che per ora lasceremo da parte.

23
Così pure non possiamo per ora entrare in più speciali osservazioni sulle stipule; notiamo solo di passaggio che, soprattutto quando formano una parte del peziolo, al successivo trasmutarsi di questo, si trasformano esse pure in modo rimarchevole.

24
Ora, siccome le foglie derivano precipuamente il loro primo nutrimento dalle parti acquose più o meno modificate, che sottraggono allo stelo, così van debitrici alla luce ed all'aria del maggiore sviluppo e perfezionamento loro. Se i cotiledoni, generati sotto l'involucro del seme e ripieni d'un sugo bruto, ci si presentano informi, quasi senza indizio di organismo o con un organismo affatto imperfetto, del pari le foglie delle piante che crescono sott'acqua manifestano un organismo più grossolano di quelle esposte all'aria. Persino la stessa specie di piante, se cresce in un luogo basso ed umido, mette fuori foglie più lisce e meno sviluppate; laddove, trasportata in sito più elevato, produce foglie ruvide, guernite di peli e molto più sviluppate in ogni loro parte.

25
Similmente l'anastomosi dei vasi che compongono la cuticola della foglia e che, diramandosi dalla costa centrale, tendono d incontrarsi alle loro estremità,sarà, se non prodotta onninamente, almeno notabilmente determinata da alcune specie di gaz molto rarefatti. Quando le foglie di molte piante che vegetano sott'acqua sono filamentose, oppure reniformi, siamo indotti ad attribuirlo al difetto di una compiuta anastomosi.
La vegetazione del Ranunculus Aquaticus ce lo mostra evidentemente; quelle delle sue foglie che vegetano sott'acqua consistono in nervature filamento se, laddove quelle che si sviluppano sopr acqua sono formate di nervature unite fra loro da una superficie comune ed in uno stato compiuto di anastomosi. Una tale transizione si vede meglio nelle foglie di questa pianta, che si trovano per metà in istato di anastomosi, e per l'altra metà in istato filamentoso.

26
Dalle esperienze fatte si è conosciuto che le foglie assorbono diversi gaz che si combinano colle parti umide contenute nel loro interno. Non resta egualmente più dubbio che esse rimandano al fusto siffatti sughi più leggieri, ed agiscono in tal modo efficacemente sullo sviluppo delle gemme che stanno loro vicine. Furono analizzati i gaz contenuti nelle foglie di varie piante, e persino nelle cavità dei giunchi, e il risultato ne porse la piena conferma.

27
Noi osserviamo in molte piante che un nodo deriva dall'altro. Negli steli che sono chiusi da modo a nodo, nei cereali, nelle graminee, nei giunchi ciò è evidente: ma non è ugualmente apparente nelle altre piante, che hanno l'interno dello stelo affatto vuoto, o riempito di un midollo o piuttosto di un tessuto cellulare. Siccome però per ragioni, che ci sembrano fondate (1), fu a questa sostanza, designata dapprima col nome di midollo, - contestata l'importanza che le era stata fin allora consentita comparativamente alle altre parti della pianta, non che la supposta sua influenza sulla vegetazione, attribuendo invece alla parte interna della seconda scorza, denominata libro, tutta la forza di accrescimento e sviluppo; così potremo tanto più ritenere che un nodo superiore, derivando dal precedente e da quello ricevendo immediatamente i sughi, deve ottenerli più depurati e meglio filtrati: e che, secondato dall'influenza delle foglie anteriori, può svilupparsi esso stesso più perfettamente, e portare alle sue foglie ed alle sue gemme un succhio meglio elaborato.

28
A misura che in questo modo vengono eliminati i fluidi ancora in istato crudo, che ad essi ne subentrano di più elaborati, e che la pianta si viene gradatamente completando, arriva poi essa al punto che la natura le ha prescritto. Noi vediamo finalmente le foglie nel loro massimo accrescimento e sviluppo, e ci si manifesta un nuovo fenomeno, il quale ci avvisa che l'epoca, di cui ci siamo finora occupati, è passata, e che si avvicina una seconda, cioè l'epoca della fioritura.


(1) Hedvig: Magazzino di Lipsia. Fascicolo III.



III - Passaggio allo stato di infiorazione.   

29
Il passaggio allo stato di infiorazione noi lo vediamo succedere quando più rapidamente, e quando più lentamente. Nell'ultimo caso notiamo d'ordinario che le foglie dello stelo ricominciano a contrarsi, scomparendo in ispecie i frastagli dell'estremo contorno; mentre nelle loro parti inferiori, colle quali sono attaccate allo stelo, si vanno più o meno distendendo; in pari tempo, se non si vede notabilmente aumentata la distanza da un nodo all'altro dello stelo, questo però ci appare assai più sottile e più esile in confronto al suo stato precedente.

30
Fu notato che un esuberante nutrimento impedisce alla pianta il passaggio allo stato d'infiorazione, laddove un nutrimento moderato od anche scarso lo accelera. In questo caso si mostra più palese l'azione delle foglie dello stelo, di cui più sopra si fece parola. Fino a tanto che rimangono sughi crudi da depurare, gli organi della pianta devono far le funzioni di strumenti appropriati a questo scopo. Quando il nutrimento eccede, questa operazione deve continuamente rinnovarsi, e l'infiorazione non può per ciò solo compiersi. Col sottrarre alla pianta il nutrimento, viene facilitata ed accelerata tale azione della natura; gli organi dei nodi si perfezionano, l'azione dei sughi più depurati si fa più vigorosa, la trasformazione delle parti diventa possibile e si effettua senza interruzione.



IV - Formazione del Calice.   

31
Spesso vediamo questa trasformazione procedere rapidamente, ed in tal caso, dal nodo dell'ultima foglia in su, lo stelo si allunga ben presto e si perfeziona, e riunisce alla sua estremità parecchie foglie intorno ad un asse.

32
Secondo noi si può provare a tutta evidenza che le foglie del calice sono precisamente gli stessi organi, che fin qui ci si presentarono come foglie dello stelo, ma che ora sono raccolte intorno ad un centro comune, assumendo spesso una forma assai differente.

33
Abbiamo notato più sopra nei cotiledoni una simile operazione della natura, ed abbiamo veduto più foglie, ed anche manifestamente più nodi raccolti intorno ad un solo punto, e vicini gli uni agli altri. Le diverse specie di pini, sin dal primo sbucciare dal loro seme, presentano una aureola di spilli ben marcati, che, a differenza degli altri cotiledoni, sono già sviluppatissimi; per tal modo vediamo sin dall'infanzia di questa pianta annunziarsi quella forza della natura, dalla quale deve, nella sua virilità, essere prodotta l'infiorazione e la fruttificazione.

34
In molti fiori scorgiamo inoltre le foglie dello stelo disporsi immediatamente sotto la corolla come una specie di calice, senza aver subito alcuna modificazione. Siccome poi esse conservano la loro forma, così ci basterà per ora di stare alla loro apparenza esterna ed alla terminologia botanica, che le designa sotto il nome di foglie florali, Folia floralia.

35
Maggiore attenzione vuolsi porre nell'esaminare l'altro caso di sopra accennato, quando cioè il passaggio allo stato d'infiorazione si opera lentamente, e le foglie dello stelo si restringono poco a poco, si modificano e s'insinuano insensibilmente nel calice; il che è ovvio di osservare nei calici dei fiori, in ispecie nel Girasole (Helianthus) e nel Fiorrancio (Calendula).

36
Questa forza della natura, che raduna più foglie in torno ad un asse, noi la vediamo operare un'unione ben più intima, e persino rendere meno discernibili le foglie così raccostate e modificate, allorchè le riunisce insieme, talvolta per intiero, ma sovente soltanto in parte, e le fa crescere aderenti fra loro ai lati. Nel loro stato ancor tenero queste foglie, crescendo così combaciate, si congiungono in virtù dei sughi, che oramai trovansi nella pianta compiutamente elaborati, e ci presentano dei calici eampaniformi, chiamati anche calici monofilli, i quali frastagliati o divisi più o meno alla loro periferia superiore, attestano evidentemente della loro origine composta. Noi ce ne possiamo accertare a prima vista confrontando un certo numero di calici profondamente frastagliati con altri calici polifilli, soprattutto osservando attentamente il calice di certi fiori raggiati. Così vedremo, per esempio, che un calice della Calendula nelle descrizioni sistematiche dato per semplice e frastagliato, si compone di molte foglie cresciute insieme, alle quali sono venute ad unirsi delle foglie contratte dello stelo, come abbiamo detto qui sopra.

37
In molte piante le foglie del calice disposte intorno all'asse dello stelo, sia che crescano separate o aderenti fra loro, sono, del pari che gli organi susseguenti, costanti per il numero e per la forma. Ed a questa uniformità appunto va principalmente debitrice la scienza botanica del suo progresso e dell'accertatezza, che in questi ultimi tempi andò sempre aumentando. In altre piante il numero e la forma di queste parti non sono ugualmente costanti; ma anche questa irregolarità non valse a trarre in inganno la penetrazione dei maestri della scienza, i quali hanno cercato con precise demarcazioni di ridurre tra confini più circoscritti anche siffatte deviazioni della natura.

38
Ed è appunto in questo modo che la natura formò il calice, raccogliendo insieme intorno ad un punto centrale, in un numero ed in un ordine determinato, più foglie e quindi più nodi, che altrimenti avrebbe prodotti un dopo l'altro, ed in certa distanza l'uno dall'altro. Se l'infiorazione fosse stata impedita dall'affluenza di un soprabbondante nutrimento, queste parti si sarebbero disgiunte, e presentate nella loro forma primitiva. La natura adunque non produce nel calice alcun organo nuovo, ma riunisce e modifica degli organi già conosciuti, ed avanza così di un passo verso la sua meta.



V - Formazione della Corolla.   

39
Abbiamo veduto come il calice si sviluppi per mezzo di sughi più elaborati prodotti poco a poco nella pianta; ora eso medesimo alla sua volta diventa organo ad un ulteriore maggior perfezionamento. Questo ci apparirà probabile riguardando la sua azione anche come puramente meccanica. Ed in vero quanto non devono essere esigui ed appropriati alla più sottile filtrazione vasi, i quali, secondo abbiamo già notato, sono approssimati e serrati fra loro in massimo grado?

40
In più d'un caso possiamo osservare il passaggio da calice a corolla; poiché, sebbene il colore del calice rimanga d'ordinario ancora verde e simile al colore delle foglie dello stelo, pure si modifica sovente in una o in altra delle sue parti, come alla punta, agli orli, sulla costa, o perfino sulla sua superficie interna, mentre l'esterna resta ancora verde; e questo inco lorare noi lo vediamo sempre congiunto ad un maggior grado di perfezionamento. Quindi ne risultano dei ca lici ambigui, che si potrebbero anche riguardare come vere corolle.

41
Siccome abbiamo rimarcato che, dai cotiledoni in su, le foglie dello stelo, massime alla loro periferia, ricevono una grande espansione e un grande sviluppo, e che poi di là fino al calice si contraggono all'orlo; così ora osserviamo che la corolla alla sua volta verrà ad essere prodotta per espansione. Le foglie della corolla o petali sono ordinariamente più grandi che le foglie del calice, ed è facile rimarcare, che questi organi, che eransi contratti nel calice, ora si dilatano in forma di petali, e producono organi nuovi ed affatto diversi, perfezionati in eminente grado dall'azione di sughi più puri, e che hanno subito una nuova filtrazione passando per il calice. Il loro delicato organismo, i loro colori e la loro fragranza ce ne traviserebbero affatto l'origine, se non ci fosse dato di esplorare la natura anche in altri fenomeni non meno singolari.

42
Così per esempio nell'interno del calice di un Garofano si trova alcuna volta un secondo calice, il quale, essendo in parte perfettamente verde, dà a divedere la disposizione a produrre un calice monofillo frastagliato, le cui punte e gli orli visibilmente divisi si sviluppano in veri preludii di una corolla tenera, aperta e colorata. Il che ci offre altra prova di affinità tra la corolla ed il calice.

43
L'affinità poi della corolla colle foglie dello stelo ci si manifesta in più d'un modo: poiché in parecchie piante veggonsi delle foglie dello stelo già più o meno colorate prima assai di avvicinarsi alla infiorazione; altre si incolorano compiutamente verso quest'epoca.

44
Talvolta la natura trascorre anche direttamente alla corolla senza passare per l'organo intermedio del casi salice, ed in questo caso possiamo osservare che le foglie dello stelo passano senz'altro allo stato di petali. Così talora si presenta sullo stelo del Tulipano un petalo quasi intieramente sviluppato e colorato. E la cosa è ancor più rimarchevole quando una simile foglia semiverde resta attaccata per una metà allo stelo, al quale non cessa di appartenere, mentre l'altra sua metà in colorata ascende colla corolla, cosicchè la foglia viene a scindersi in due parti.

45
E assai verosimile l'opinione che attribuisce il colore e l'odore dei petali alla presenza della polvere fecondatrice. Probabilmente questa polvere vi si trova ancora imperfettamente elaborata, o piuttosto mescolata e diluita con altri sughi; e la vivezza dei colori ci dà motivo di credere che la materia, di cui sono riempite le foglie, si trovi a un grado avanzato di depurazione, sebbene non al punto, come quando ci si mostra bianca e senza alcuna tinta.



VI - Formazione degli Stami.   

46
E l'ora accennata opinione ci sembrerà ancor più verosimile, considerando la stretta affinità dei petali cogli stami. Se l'affinità delle altre parti fra di loro fosse egualmente evidente e fuor di dubbio, il presente saggio diverrebbe inutile.

47
In alcuni casi la natura ci offre questa transizione sotto una forma regolare, come nella Canna ed in molte altre piante di questa famiglia. Un petalo vero e poco modificato si contrae verso il contorno superiore, e nasce una antera, alla quale il resto del petalo tien luogodi filamento.

48
Siffatto passaggio possiamo osservarlo in tutte le sue gradazioni nei fiori più facili a diventare doppii. In molte specie di rose entro a petali perfetti e colorati si formano altri petali, che sono contratti parte verso il centro, parte verso gli orli; questa contrazione è prodotta da una piccola tumescenza, che si presenta più o meno sotto la forma di una vera antera, mentre il petalo si riduce nella stessa proporzione alla forma più semplice di uno stame. In alcuni Papaveri doppii delle antere perfette posano sopra petali poco modificati di una corolla estremamente doppia; in altri delle tumescenze somiglianti alle antere contraggono più o meno i petali.

49
Ora, quando tutti gli stami si trasmutano in petali, i fiori sono sterili; ma se in un fiore, durante il processo di raddoppiamento, l'apparato staminifero continua a svilupparsi, allora la fruttificazione si effettua.

50
Così viene ad essere formato uno stame quando gli organi, che fin qui abbiamo veduto dilatarsi come petali, si contraggono fortemente, e ci si presentano inpari tempo in uno stato affatto compiuto. Di tal modo la precedente nostra osservazione riesce meglio confermata, e noi osserviamo sempre più questa forza alterna di contrazione e di espansione, per via della quale la natura arriva finalmente al suo scopo.



VII - Nettari.   

51
Per quanto in alcune piante sia rapido il passaggio dalla corolla agli stami, vediamo però che la natura non sempre può varcare questo intervallo d'un solo passo. Ella suole anzi presentare degli organi intermedi, che per la forma e per l'ufficio loro si approssimano ora all'una di dette parti, ed ora all'altra: e, sebbene la loro struttura sia notabilmente diversa, pure in generale possono considerarsi come gli organi di un lento passaggio dalle foglie del calice agli stami.

52
La maggior parte di quegli organi intermedi, che Linneo designa sotto il nome di Nettari, si adattano a questa definizione: ed anche in ciò dobbiamo ammirare la somma sagacità di quest'uomo straordinario, il quale, senza poter formarsi un'idea netta dell'ufficio di queste parti, si fidò ad una specie di presentimento, e appellò con un solo nome organi a primo aspetto assai differenti.

53
Vari petali ci mostrano già la loro affinità cogli stami in ciò che, senza cangiare notabilmente di forma, portano seco delle specie di taschette o glandule, che distillano un sugo mellifero. Da quanto abbiamo già rimarcato, possiamo fino a un certo punto supporre, ch'egli è un sugo che si avvia alla fruttificazione, di cui è l'indizio, sebbene sia ancora in uno stato imperfetto; e tale supposto crescerà di probabilità per le ragioni che esporremo più innanzi.

54
Finalmente anche i così detti Nettari ci si offrono come parti speciali e indipendenti, e che nella loro struttura si accostano ora ai petali, ora agli stami. Così i tredici filamenti terminanti in un egual numero di antere rosse, che posano sui nettari della Parnassia, hanno la massima somiglianza cogli stami. Altri si presentano come filamenti senza antere, come nella Valisneria e nella Fevillea, noi li troviamo nel Pentapetes disposti circolarmente in regolare alternativa cogli stami, e già in forma di foglia; quindi nelle descrizioni sistematiche sono contrassegnati col nome di Filamenta castrata petaliformia. La Kiggellaria e la Passiflora ci porgono esempio di siffatte ambigue produzioni.

55
È per tal modo che le corolle intèrne ci sembrano meritare il nome di nettari nel significato testè attribuito a questa parola. Poichè, come la formazione dei petali si opera per mezzo di una espansione, così all'incontro le corolle interne provengono da una contrazione, come succede negli stami. Così noi osserviamo nell'interno di una corolla compiutamente sviluppata un'altra corolla più piccola e più contratta, come nel Narcissus, nel Nerium e nell'Agrostemma.

56
Osserviamo inoltre in diverse specie di piante dei cangiamenti di foglie ancor più rimarchevoli e singolari. In diversi fiori notiamo che i loro petali hanno nella parte interna ed inferiore una piccola cavità riempita di un sugo mellifero. Questa piccola cavità, approfon dendosi di più in altre specie o generi di fiori, produce sulla parte opposta del petalo un prolungamento a foggia di sperone o di corno, e la restante forma del petalo si trova nel medesimo tempo più o meno modificata. Questo può osservarsi particolarmente nelle diverse specie e varietà di Aquilegia.

57
Si trova quest'organo in sommo grado di trasformazione nell'Aconitum e nella Nigella, dove basta appena un po' di attenzione per riconoscere la sua somiglianza con una foglia; nelle Nigelle in ispecie ripassa facilmente allo stato di foglia, ed il fiore si fa doppio mediante la trasformazione dei nettari. Esaminando davvicino l'Aconito si scorgerà la somiglianza dei nettari colla foglia arcuata che li riveste.

58
Seguendo ciò che abbiamo detto pur ora, che i nettari sono ravvicinamenti di petali allo stato di stami, non trasanderemo l' occasione di fare alcune osservazioni sui fiori irregolari. Così per esempio le cinque foglie esteriori del Melianthus si potrebbero considerare come veri petali, e le cinque interiori come una corolla interna composta di sei nettari, di cui la parte superiore si approssima di più allo stato di fo.glia, mentre l'inferiore, che sin d'adesso si chiama nettario, se ne scosta maggiormente. Nell'ugual senso potrebbesi chiamare nettario anche la carena delle papilionacee, poiché fra i petali di questi fiori essa è quella che più si approssima alla struttura degli stami, e che più si stacca dalla apparenza fogliacea dei Vessilli. Di tal maniera potremo facilmente determinare la natura di quei corpi a forma di penicillo, che si trovano annessi all'estremità della carena di qualche specie di Polygala, e formarci un'idea precisa della destinazione di queste parti.

59
Non crediamo necessario di protestare che scopo di queste osservazioni non è già di sovvertire le divisioni e classificazioni stabilite nella materia dai precedenti trattatisti e nomenclatori, cercando noi solamente di schiarire con esse le forme anomale degli organi vegetali.



VIII - Ancora qualche cenno sugli Stami.   

60
Le osservazioni fatte col microscopio hanno messo fuor di dubbio che gli organi sessuali delle piante sono prodotti, al pari degli altri, per mezzo dei canali spirali. Da ciò deduciamo un argomento in prova del l'identità intrinseca dei diversi organi delle piante, che finora ci apparvero sotto forme tanto svariate.

61
Se dunque i vasi spirali giacciono nel centro del fascetto dei vasi del succhio, e sono in esso ravvolti, noi possiamo formarci fino ad un certo punto un'idea più chiara di questa forte contrazione di organi, figurandoci nel massimo loro grado di forza questi vasi spirali, che ci appariscono realmente come molle elastiche, per modo che essi vincono l'elaterio espansivo dei vasi del succhio, il quale diventa loro subordinato.

62
Allora questi fascetti raccorciati non possono più di stendersi, congiungersi gli uni agli altri, e formare per via d'anastomosi una reticola; i condotti utricolari, che sogliono riempire gli interstizi del tessuto, non possono più svilupparsi; tutte le cause, per le quali le foglie dello stelo, del calice e del fiore si dilatano, cessano qui totalmente di agire, e viene a formarsi un filamento debole e semplicissimo.

63
Non è poco se le sottili membrane dell'antera, nel cui mezzo vanno a terminare i vasi più esigui, posso no ancora formarsi. Se ammettiamo che quegli stessi vasi, che già si allungavano, si allargavano e tende vano ad incontrarsi l'un l'altro, si trovano ora al l'ultimo grado di contrazione; se vediamo escirne com piutamente elaborata la polvere fecondatrice, che colla sua attività supplisce a quanto fu sottratto in esten sione ai vasi che la producono; se infine questa pol vere, ora intieramente libera, cerca gli organi femmi nei, i quali per una somigliante azione della natura sono cresciuti per farsi incontro ai pistilli; se loro sal damente si attacca e loro comunica la sua influenza: allora non saremo alieni dal dare il nome di anasto mosi sublimata a questa unione dei due sessi, e crediamo, per un momento almeno, di aver ravvicinate un po' più tra di loro le idee di vegetazione e di riproduzione.

64
Quella tenue materia che si sviluppa nelle antere ci si presenta sotto l'aspetto di una polvere; ma questi globetti non sono altro che utricoli, nei quali serbansi dei sughi purissimi. Così noi ci associamo all'opinione di coloro che pensano, che questo fluido è aspirato dai pistilli, ai quali si attaccano i globetti, e che per tal modo avviene la fruttificazione. Ciò apparirà ancor più probabile, dacchè in alcune piante il risultato della secrezione non è un vero polline, ma un semplice umore.

65
Questo ci fa ricordare del sugo mellifero dei nettari e della sua probabile affinità col fluido più elaborato dei globetti seminali. Fors'anche i nettari non sono che organi preparatori; forse il loro umore mellifero è aspirato dagli stami per esservi compiutamente elaborato, e per assumere un carattere più determinato; questa idea sembra tanto più verosimile, in quanto che questo sugo non si vede più dopo la fruttificazione.

66
Non lasceremo di far osservare, sebbene di passaggio, che i filamenti, del pari che le antere si trovano uniti per coesione fra di loro in più d'un modo, e ci presentano i più mirabili esempi delle anastomosi e coesioni di organi che in origine erano disgiunti, delle quali abbiamo già più volte fatto menzione.



IX - Formazione dello Stilo.   

67
Se fin qui mi studiai di provare, per quanto era possibile, l'intrinseca identità dei diversi organi vegetali, sviluppatisi l'un dopo l'altro, seguendone le notabilissime deviazioni nella lor forma esterna; si com prenderà di leggieri che ora è mio scopo di spiegare nello stesso modo anche la struttura degli organi fem minei.

68
Cominciamo dunque dal considerare lo stilo, fatta astrazione dal frutto, quale spesso lo troviamo in natura; il che possiamo fare tanto più agevolmente, in quanto che sotto questa forma esso mostrasi distinto dal frutto.

69
Ed in vero osserviamo che lo stilo sta in quello stesso grado di vegetazione appunto, nel quale abbiamo trovato gli stami. Abbiamo notato che gli stami sono prodotti da una contrazione; gli stili sono sovente nello stesso caso; e, sebbene non sempre in egual proporzione che gli stami, li vediamo però presentarsi allungati, od accorciati con ben poca differenza da quelli In molti casi lo stilo somiglia quasi ad un filamento senza antera, e l'affinità del loro sviluppo è esteriormente maggiore che nelle altre parti. Siccome in entrambi i casi esse sono prodotte da canali spirali, chiaro appare che gli organi dei due sessi non costituiscono ciascuno organi speciali; e se la stretta loro affinità ci risulta evidente da questa osservazione, ne parrà tanto più plausibile che si dia il nome di anastomosi al loro accoppiamento.

70
Spesso troviamo lo stilo composto di molti altri stili cresciuti insieme, e le parti, di cui è formato, appena riconoscibili verso l'estremità, ove pure esse non sono sempre staccate. Questo crescere per coesione, già più volte da noi avvertito, qui diventa ancor più possibile che altrove: e deve anzi succedere, perchè questi organi delicatissimi sono serrati gli uni agli altri nel centro dell'infiorazione prima dell'intiero loro sviluppo, e possono così riunirsi più intimamente gli uni cogli altri.

71
La stretta affinità delle parti della pianta precedenti all'infiorazione ci viene mostrata dalla natura più o meno atentemente in vari casi regolari. Così per esempio il pistillo dell'Iride col suo stimma ci appare sotto forma compiuta di petalo. Lo stimma ombelliforme della Saracenia in vero non si mostra così visibilmente composto di più foglie; ne ritiene nondimeno il color verde. Usando per altro del microscopio noi troviamo più stimmi, quelli per esempio del Croco, della Zanichella, formati precisamente come calici perfetti monofilli o polifilli.

72
Più spesso avviene che la natura ci si mostri retro grada, quando cioè essa trasforma di nuovo in petali gli stami e gli stimmi; per esempio il Ranunculus Asia ticus si raddoppia col trasformarsi che fanno gli stimmi ed i pistilli del ricettacolo in veri petali, mentre gli stami, che si trovano immediatamente dietro la corolla, mostrano di non aver subito modificazione alcuna. Più avanti ci occorreranno altri casi non meno notevoli.

73
Torna qui opportuno di riassumere le osservazioni già fatte, cioè che gli stili ed i filamenti si trovano allo stesso punto di vegetazione, e servono così a confermare vieppiù il principio dell'avvicendata espansione e contrazione. Cominciando dal seme sino al massimo sviluppo della foglia dello stelo abbiamo dapprima osservato una espansione; quindi vedemmo per via di contrazione formarsi il calice; mediante una espansione i petali; e di nuovo per contrazione gli organi sessuali: fra poco scorgeremo la espansione in sommo grado nel frutto, e la contrazione massima nel seme. In questi sei passi la natura compie senza posa la grand'opera della perpetua riproduzione dei vegetabili per mezzo dei due sessi.



X - Dei Frutti.   

74
Venendo ora ad osservare i frutti, non tarderemo a persuaderci che essi, come procedono dalla stessa origine, così vanno soggetti alle stesse leggi. Qui intendiamo parlare propriamente di quei ricettacoli che la natura forma per rinchiudervi i semi, od anzi per isviluppare nella parte più interna di questi ricettacoli mediante l'unione dei sessi un maggiore o minor numero di semi. Non ci vorrà molto a dimostrare che queste capsule trovano esse pure la loro spiegazione nella natura e nell'organismo delle parti da noi sin qui osservate.

75
Anche la metamorfosi retrograda ci rende avvertiti di questa legge della natura. E perciò che nel Garofano, fiore tanto noto e studiato a motivo delle sue stesse irregolarità, sovente osserviamo che le capsule seminifere si trasformano di nuovo in foglie somiglianti ad un calice, e che nella stessa proporzione diminui scono di lunghezza gli stili che vi appartengono; si trovano persino de Garofani, ne quali il pericarpio si è convertito in un vero e perfetto calice, i cui frastagli portano ancora alla loro estremità degli indizi dello stilo e dello stimma, e nell'interno di questo secondo calice si sviluppano dei petali più o meno perfetti in vece dei semi.

76
Inoltre la natura, col mezzo di produzioni regolari e costanti, ci rivela essa stessa in modi variatissimi la fecondità, che si contiene nella foglia. Così la foglia del tiglio già in progresso di tramutazione, ma ancora perfettamente riconoscibile, porta sulla sua costa centrale un peduncolo, e su di esso un fiore ed un frutto compiutamente formati. Nel Ruscus la maniera, con cui i fiori ed i frutti sono attaccati alle foglie, è ancor più notabile.

77
La fecondità immediata delle foglie dello stelo è maravigliosa e salta maggiormente all'occhio nelle felci, le quali per mezzo di una forza intima, e fors'anche senza un positivo concorso degli organi sessuali, sviluppano e distribuiscono alle loro foglie una innumerevole quantità di semi o più propriamente di germi atti alla vegetazione, talchè può dirsi che in questo caso una foglia gareggi di fecondità con una pianta compiutamente formata, anzi con un grosso e ramoso albero.

78
Tenendo presenti queste osservazioni non esiteremo a riconoscere la forma della foglia nei ricettacoli del seme, non fatto caso delle varietà nella loro struttura e degli scambievoli loro rapporti e destinazioni. Così il guscio non sarebbe che una foglia ripiegata ed unita per coesione agli orli; le silique consisterebbero in alcune foglie soprapposte le une alle altre e aderenti fra loro; le capsule composte si potrebbero risolvere in parecchie foglie riunitesi intorno ad un punto centrale, staccate tra loro nell'interno e aderenti agli orli. E di ciò possiamo persuaderci coi nostri occhi al momento che siffatte capsule, arrivate alla loro maturità, si aprono, dacchè allora ciascuna parte di esse ci si presenta come un guscio aperto o come una siliqua. Vediamo pure operarsi regolarmente un effetto eguale in varie specie appartenenti ad uno e medesimo genere; così le capsule della Nigella orientalis sono riunite intorno ad un asse sotto forma di gusci aderenti fra loro per metà, mentre nella Nigella damascena questi gusci appariscono compiutamente aderenti e attaccati fra loro.

78
La natura pare volerne mascherare questa somiglianza colle foglie allorchè forma il ricettacolo dei semi di materia molle e succosa, oppure solida e lignea; ma essa non potrà sfuggire alla nostra osservazione, se sapremo seguirla attentamente in tutte le sue transizioni. Basti per ora di averne segnalata l'idea, e tracciato il progresso in alcuni esempi. La grande varietà delle capsule seminali ne porgerà materia ad ulteriori osservazioni.

80
L'affinità delle capsule seminali colle parti che le precedono si appalesa anche nello stimma, che in molti casi posa immediatamente sulla capsula, e ne è inseparabile. Abbiamo già notato l'affinità dello stimma collo stato di foglia, e qui ci accade di richiamarla, osservandosi, per esempio, nei papaveri doppi, che gli stimmi delle capsule seminali si trasformano in petali colorati, teneri e perfettamente somiglianti a piccole foglie.

81
L'ultima e più considerabile espansione, che prende la pianta nella sua vegetazione, si mostra nel frutto.Tanto per intima forza, quanto nell'esteriore apparenza, ella è soventi volte grandissima e persino mostruosa. E siccome tale ultima espansione si opera d'ordinario dopo la fruttificazione, così pare che il seme determinato allora alla vitalità, assorbendo all'uopo del suo sviluppo i sughi dell'intiera pianta, li diriga verso la capsula seminale, in modo che i suoi vasi si nutriscono, si riempiono e si distendono talora in grado straordinario. Che gran parte vi abbiano i gaz più depurati, si può dedurlo dalle cose già dette, e viene inoltre confermato dall'esperienza dei gusci della Colutea, i quali contengono appunto un'aria rarefatta.



XI - Dell'Involucro immediato del seme.   

82
Viceversa troviamo che il seme è prodotto dal massimo grado di contrazione e di compimento delle sue parti interne. In varie specie di semi si vede che essi modificano delle foglie per formarsene il primo involucro, se le adattano più o meno, e colla potente loro azione se le appropriano affatto, e ne mutano intieramente l'apparenza. Come prima vedemmo più semi svolgersi da una sola foglia che serve loro poi anche di involucro, non ci farà meraviglia se il germe isolato di ciascun seme formasi egualmente involucro d'una foglia.

83
Noi riscontriamo le traccie di organi fogliacei che non si adattano totalmente al germe in molti semi alati, come in quelli dell'acero, dell'olmo, del frassino, della betulla. I tre differenti circoli dei semi variamente con formati del fiorrancio porgono un esempio notevolissimo del modo, con cui i germi si contraggono e si adattano poco a poco degli involucri dianzi più larghi. Il primo circolo esteriore conserva ancora una forma affine a quella delle foglie del calice; solo, che il germe del seme, distendendo la costa, ripiega la foglia, e quella curvatura viene internamente e pel lungo divisa in due parti da una pellicola. Il circolo seguente ha subito già un cambiamento assai maggiore; la larghezza della fogliuzza e la pellicola sono totalmente scomparse; all'incontro la sua struttura si è allungata di qualche poco; i germi del seme situati verso la costa si mostrano più distinti, e i loro piccoli rialzi sono più marcati; questi due circoli pare che siano stati o non fecondati affatto, o solo imperfettamente. Indi succede il terzo circolo interiore, ove i semi si trovano nella vera loro forma fortemente ricurvi con un involucro precisanente adattato e compiutamente marcato in tutte le sue incavature e in tutti i suoi rialzi.
Anche in questo caso dunque noi vediamo una potente contrazione delle parti fogliacee operata dalla forza vitale del seme, come abbiamo dapprima veduto il petalo contrarsi per la forza dell'antera.



XII - Ricapitolazione e Transizione.   

84
Di tal modo noi abbiamo tenuto dietro con quanto si poteva di esattezza all'andamento graduale della natura; abbiamo seguito la forma esteriore del vegetabile in tutte le sue trasformazioni, dal primo sviluppo del seme fino alla compiuta sua formazione: e, senza pretendere di scoprire i moventi primi nelle produzioni della natura, abbiamo rivolto la nostra attenzione a riconoscere, dimano in mano che si manifestano, le forze, per mezzo delle quali la pianta modifica poco poco un organo che è sempre identico. Ed è appunto per non abbandonare un solo momento il filo di queste investigazioni che abbiamo di passaggio considerato la pianta come se fosse soltanto annuale, che ci limitammo a notare la trasmutazione delle foglie che accompagnano i nodi, e che ne abbiamo dedotte tutte le forme successive. Ma, per dare a questo saggio il necessario compimento, ci resta a parlare delle gemme che stanno nascoste al disotto d'ogni foglia, le quali in date circostanze si sviluppano, e in altre sembrano dileguarsi del tutto.



XIII - Delle Gemme e del loro sviluppo.   

85
Ogni nodo ha dalla natura vigore bastante per cacciar fuori una o più gemme, e precisamente in vicinanza delle foglie che l'accompagnano; e queste foglie sem brano predisporre e concorrere alla formazione ed allo sviluppo delle gemme.

86
La prima propagazione dei vegetabili, semplice, lenta e progressiva, riposa sullo sviluppo successivo dei nodi uno dall'altro, sulla formazione di una foglia a ciascun nodo, e d'una gemma in sua vicinanza.

87
È noto che ne suoi effetti la gemma ha una grande somiglianza col seme quando è maturo, e che sovente meglio nella gemma che nel seme si può riconoscere l'intiera struttura della pianta che sarà per uscirne.

88
Sebbene non sia così facile discernere nella gemma il principio della radice, pure esso vi si trova egualmente come nel seme, e si sviluppa agevolmente e rapidamente, in ispecie per l'azione degli umori.

89
La gemma non ha bisogno di cotiledoni, perchè è immediatamente attaccata alla pianta madre già completamente organizzata, e da essa riceve nutrimento sufficiente finchè vi resta attaccata; o perchè, dopo staccatane, lo trova o dalla pianta sulla quale vien trasportata, o dalle radici che si sono formate appena il germoglio fu piantato nella terra.

90
La gemma è composta di un certo numero di nodi e di foglie più o meno sviluppate, che devono ulteriormente servire a propagare la vegetazione. Così le ramificazioni laterali, che sortono dai nodi d'una pianta, si possono considerare come altrettante pianticelle distinte infisse sullo stelo, nella stessa maniera che questo è infisso nel suolo.

91
Le loro conformità e differenze furono già più volte, e specialmente in questi ultimi tempi, esplorate con tanta accuratezza, che non possiamo che riferirvisi e pienamente convenirne (1)

(1) Gaertner: De fructibus et seminibus plantarum

92
Ne basterà citare quanto segue. Nelle piante pervenute allo stato di compiuta vegetazione, la natura contraddistingue assai chiaramente le gemme dal seme. Ma nelle piante in stato di vegetazione ancora incompiuto, la differenza che passa tra loro sfugge all'occhio del più esperto osservatore. Esistono dei semi a non dubitarne, esistono a non dubitarne delle gemme; ma il punto, in cui i semi, effettivamente fecondati dall'azione dei due sessi, e quindi isolati dalla pianta madre, si incontrano colle gemme, che appena sbucciano dalla pianta e senza apparente causa se ne sviluppano, questo punto sussiste per l'intelligenza, ma non è discernibile dai sensi.

93
Il che ben considerato, converrà conchiudere che i semi, i quali differiscono dalle gemme per la loro interna struttura, e dai bottoni per la ragione visibile della loro formazione e separazione, hanno pure con ambedue una stretta affinità.



XIV - Formazione dei Fiori e dei Frutti composti.   

94
Finora cercammo di spiegare, per via della trasformazione delle foglie del caule, lo stato di infiorazione semplice, come pure la riproduzione dei semi, che stanno rinchiusi in capsule. Guardando con più attenzione, troveremo che in tal caso non si sviluppa alcuna gemma, e che anzi è tolta perfino la possibilità di tale sviluppo. Lo sviluppo delle gemme all'incontro ci sarà di grande sussidio per ispiegare la formazione dei fiori composti, del pari che le fruttificazioni riunite intorno ad un solo asse, o sopra una sola base.

95
Osserviamo ben sovente che lo stelo, anzichè predisporsi per tempo, e concentrare le sue forze per un'unica infiorazione, caccia fuori dei fiori da ciascuno dei suoi nodi, e continua così senza interruzione fino alla sommità. Ma questi fenomeni si spiegano colla teoria che già abbiamo disopra esposta. Tutti i fiori, che si sviluppano dalle gemme, sono da considerare come piante compiute, che stanno attaccate alla pianta madre nella stessa maniera che questa al terreno. E siccome essi ricevono dai nodi dei sughi depuratissimi, così le prime foglie di questo pollone sono molto più perfette delle prime foglie della pianta madre, che susseguono ai cotiledoni; quindi la formazione d'un calice e del fiore sul pollone diventa spesso immediatamente possibile.

96
Questi stessi fiori, che si sviluppano dalle gemme, sarebbero diventati dei veri rami, se ad essi fosse concorsa una più abbondante nutrizione, e si troverebbero in eguale condizione che la pianta madre.

97
A misura che siffatti fiori si sviluppano da nodo a nodo, possiamo notare quel cambiamento nelle foglie dello stelo che già osservammo nel lento passaggio allo stato di calice. Esse ristringonsi ognor più le une contro le altre, e finiscono collo scomparire quasi del tutto. Scostandosi allora più o meno dalla apparenza di foglie, assumono il nome di Brattee. Nella stessa proporzione lo stelo si assottiglia, i nodi si approssimano, e tutti i sopravvertiti fenomeni si compiono; solo che alla estremità dello stelo non avviene une decisa infiorazione, perchè la natura ha già usato dei suoi diritti da una gemma all'altra.

98
Ora che abbiamo osservato ad ogni modo uno stelo provveduto del suo fiore, potremo formarci un idea chiara dell'infiorazione comune, soprattutto tenendo presente quanto abbiamo già detto rapporto alla formazione del calice.

99
La natura forma un calice comune di più foglie, che serra una all'altra, e riunisce intorno ad un solo asse; con questa stessa forza di vegetazione essa sviluppa uno stelo di lunghezza indefinita, con tutte le sue gemme in istato di fiori, nello stesso tempo, nella massima possibile prossimità tra loro, ed allora ogni fiorellino feconda il ricettacolo del seme, che già gli si trova preparato di sotto. Le foglie dei nodi non sempre scompaiono in questa straordinaria contrazione; nei Cardi la fogliuzza accompagna fedelmente il fiorellino, che si sviluppa dalle gemme. Si confronti con questo paragrafo la forma del Dipsacus laciniatus. In molte Graminee ogni fiore è accompagnato da una simile fogliuzza, che allora chi masi gluma.

100
Per tal maniera ci apparirà evidente, come tutti i semi sviluppati in una comune infiorazione altro non siano che gemme sviluppate e perfezionate dall'azione dei due sessi. Fissata bene una volta questa idea, e confrontate sotto un tal punto di vista parecchie piante, e la loro vegetazione e fruttificazione, l'osservazione ce ne verrà sempre più accertando.

101
Così non ci riescirà neppure difficile di spiegare la fruttificazione dei semi coperti o nudi, che si producono nel centro di un fiore isolato, e che spesso trovansi riuniti intorno ad un asse comune; poiché è affatto indifferente che un sol fiore contenga un numero di semi, e che i pistilli cresciuti insieme succhino dalle antere del fiore i sughi generatori per trasmetterli ai semi; oppure che ciascun seme abbia il suo proprio pistillo, le proprie antere ed i propri petali.

102
Noi riteniamo che con un po' d'esercizio non sia difficile di trovare così la spiegazione delle varie forme dei fiori e dei frutti; solo converrà poter usare dei principi già sopra esposti sulla espansione e sulla contrazione, sul ristringimento e sulla anastomosi, come se fossero formole algebriche, e saperli applicare a proposito. Siccome per ciò fare importa moltissimo di conoscere esattamente e paragonare l'un coll'altro i diversi gradi che la natura percorre tanto nella formazione dei generi, delle specie, delle varietà, quanto nell'incremento di ciascuna pianta individualmente, così una collezione di tavole coordinate a questo intento, ed una applicazione della terminologia botanica alle diverse parti della pianta unicamente a quest'uopo, sarebbe dilettevole e non senza profitto. Due esempi di fiori proliferi, i quali si adattano assai bene alla teoria testè esposta, dovranno apparire decisivi.



XV - Rosa Prolifera.   

103
L'esempio di una rosa prolifera ci rende sensibile tutto quello che finora abbiamo cercato di concepire soltanto colla immaginazione e colla intelligenza. Il calice e la corolla sono disposti e sviluppati intorno all'asse, solo che, laddove il ricettacolo dei semi dovrebbe essere contratto nel centro e gli organi sessuali disposti intorno al medesimo, vedesi invece di nuovo un peduncolo metà rossiccio, metà verdastro sorgere in altezza, e svilupparsi successivamente intorno a lui dei petali più piccoli, ripiegati sopra sé stessi, d'un rosso cupo, alcuni dei quali portano delle traccie di antere. Lo stelo continua a crescere; già vi si scorgono intorno altre spine; i petali isolati e colorati che susseguono, diventano più piccoli, ed in ultimo trapassano sotto i nostri occhi allo stato di foglie di una tinta mezzo rossa e mezzo verde; si vien formando finalmente una serie di nodi regolari, dalle gemme dei quali compariscono nuovamente dei piccoli bottoni di rosa, però imperfetti.

104
Questo esempio ci somministra ancora una prova evidente di quanto già asserimmo: che cioè tutti i calici non sono altro che foglie florali aderenti alla loro periferia. Qui infatti il calice regolare formato intorno all'asse consiste in cinque foglie perfettamente sviluppate, addoppiate di altre tre o cinque fogliuzze, quali gli steli delle rose sogliono produrre ai loro nodi.



XVI - Garofano Prolifero.   

105
Dopo studiato questo fenomeno, un altro ce ne apparirà forse ancor più notabile nei garofani proliferi. Qui vediamo un fiore perfetto col suo calice contenente una corolla doppia, e nel suo centro un ricettacolo di semi, se non compiutamente sviluppato, però abbastanza pronunciato. Dai lati della corolla si sviluppano quattro nuovi fiori perfetti, che sono separati dal fiore-madre per mezzo di peduncoli di tre o più nodi, essi pure hanno dei calici, essi pure sono doppi, e non tanto per ragione di foglie isolate, come per ragione di corolle fogliacee, le cui unghie sono aderenti fra loro, e soprattutto per mezzo di petali tra loro aderenti a guisa di ramoscelli, e sviluppati intorno ad un peduncolo. Malgrado questo singolare sviluppo, in alcuni si riconoscono ancora i pistilli e le antere. Le capsule cogli stili sono visibili, e i ricettacoli dei semi si espandono nuovamente in foglie; anzi in taluni di questi fiori gli arilli furono perfino trovati riuniti in un calice perfetto, e contenenti in sé tutte le condizioni necessarie per produrre un nuovo fiore doppio compiuto.

106
Se abbiamo veduto nella rosa uno stato di infiorazione soltanto semi-determinato, dal cui centro è germinato un nuovo stelo, e intorno ad esso nuove foglie, ora troviamo in questo garofano con un calice compiutamente formato e con una corolla perfetta delle gemme che si sviluppano dallo stesso circolo dei petali sul ricettacolo precisamente centrale della fruttificazione, e che producono veri steli coi loro fiori. Così questi due esempi ci mostrano che la natura chiude ordinariamente col fiore la vegetazione, ed arresta la possibilità di uno sviluppo progressivo all'infinito, per arrivare più presto alla sua meta colla formazione dei semi.



XVII - Teoria di Linneo sull'anticipazione.   

107
Sebbene io possa avere a quando a quando inciampato sopra una strada che uno deimiei predecessori ha tentato colla scorta del suo illustre maestro, e ch'egli confessò non meno malagevole che azzardosa(1); se non l'ho a sufficienza appianata e sgombra d'ogni osta colo ai sorvegnenti; spero almeno che i miei sforzi non saranno del tutto infruttuosi.

108
Egli è tempo di farsi a considerare la teoria stabilita da Linneo sulla base appunto di questi fenomeni. Le osservazioni esposte nel presente saggio non potevano sfuggire al penetrante suo occhi. E se noi possiamo ora prender le mosse dal punto ov'egli si è arrestato, ne andiamo debitori agli sforzi riuniti di tanti osservatori e pensatori, che hanno rimosse molte difficoltà, tolti molti pregiudizi. Un minuzioso confronto della sua teoria con quella da noi esposta esigerebbe troppo tempo. Gli intelligenti la faranno agevolmente da sé, e converrebbe troppo diffondersi per ben chiarirla per chi non abbia ancora meditato su questo argomento. Ne basterà accennare succintamente le cagioni che impedirono a Linneo di andar più avanti, e di raggiungere la meta.


(1) Ferber: In praefatione dissertationis secundae de Prolepsi Plantarum.


109
Linneo fece da prima le sue osservazioni sugli alberi, i quali sono vegetabili complessi e di lunga durata. Egli osservò che un albero collocato in un ampio vaso e provveduto di un soprabbondante nutrimento, continua va per parecchi anni a produrre rami sopra rami; laddove ristretto in uno spazio minore metteva in breve tempo fiori e frutti.Vide che lo sviluppo progressivo che succede nel primo caso, si risolveva in una evoluzione rapida e simultanea nel secondo. Quindi è che diede a questa operazione della natura il nome di Prolepsi ossia Anticipazione, perchè la pianta, saltando, per così dire, i sei gradi da noi più sopra indicati, sembrava anticipare di sei anni. Ed è in questo modo che egli dedusse la sua teoria rispetto ai bottoni degli alberi, senza prendere in particolare considerazione le piante annuali, ben vedendo che la sua teoria non vi quadrava così bene. Infatti, secondo la sua maniera di vedere, converrebbe ammettere che ogni pianta annuale sia stata realmente destinata dalla natura a crescere pel corso di sei anni, e che questo lungo termine sia ad un tratto anticipato dalla infiorazione e dalla fruttificazione, e che subito dopo debba perire.

110
Noi invece abbiamo tenuto dietro alla vegetazione della pianta annuale. Ovvia infatti ne è l'applicazione ai vegetabili di più lunga durata, da che un bottone che sbuccia sul più vecchio albero può considerarsi come una pianta annuale, sebbene si sviluppi da un tronco già formato da lungo tempo, e sebbene esso pure sia per avere una lunga durata.

111
Il secondo motivo che impedì a Linneo di andar più innanzi viene dall'aver egli considerato le diverse parti circolari sovrapposte le une alle altre nel tronco della pianta, cioè la corteccia esterna, l'alburno, il legno e il midollo, come tutte coagenti del pari, e dotate di pari grado di vitalità e d'importanza. Viene altresì dall'avere attribuito l'origine dei fiori e dei frutti a questi diversi anelli del tronco, perchè tanto quelli come questi si chiudono uno nell'altro, e sembrano sortire uno dall'altro. Ma questa osservazione era soltanto superficiale, e non regge ad un'ispezione più attenta. Infatti la corteccia esteriore non è suscettibile di una ulteriore produzione, e negli alberi di lunga durata essa diventa una massa troppo indurita e separata verso l'esterno, come il legno diventa troppo duro verso l'interno. Essa si stacca da sé in molti alberi, e da altri si può levare senza menomamente danneggiarli; né mai produce un calice o qualsivoglia altra parte viva del vegetabile. È il libro che contiene tutte le forze di vegetazione e di vita; se esso viene leso, la vegetazione ne soffre in proporzione; è desso che, osservato attentamente, vediamo produrre tutte le parti esterne del vegetabile, gradualmente nello stelo, o ad un tratto nel fiore e nel frutto. Linneo gli attribuì solamente la funzione secondaria di produrre i petali. All'incontro venne assegnata al legno la importante formazione degli organi mascolini, laddove è facile osservare che il legno esso stesso è portato per mezzo della solidificazione allo stato di inazione, e che vuolsi considerarlo come una parte priva di forza vitale, sebbene la sua durata continui. Finalmente il midollo compirebbe la più importante funzione, quella di produrre gli organi femminei ed una numerosa posterità. I dubbi stati elevati sull'importanza del midollo, gli argomenti che ne furono addotti, sembrano a me pure importanti e decisivi. Lo sviluppo dello stilo e del frutto, quasichè provenienti dal midollo, non era che apparente, in quanto che questi organi al loro presentarsi trovansi in uno stato parenchimatoso, molle, indeterminato, consimile al midollo, e sono situati precisamente nel centro dello stelo, dove noi ci siamo abituati a non vedere altro che midollo.



XVIII - Riepilogo.   

112
Auguro che il presente saggio possa gettar qualche luce sulla metamorfosi delle piante, contribuire in qual che cosa alla soluzione di questo enigma, e dar occasione a nuove indagini e ad ulteriori scoperte. Le osservazioni che ne fanno la base furono già fatte staccatamente, e trovansi anche già raccolte ed ordinate (1), e presto si vedrà se il passo, che ora abbiamo fatto, si accosti al vero. Intanto passiamo a riepilogare per sommi capi il presente saggio.

113
Considerando un vegetabile nella manifestazione delle sue forze vitali, noi lo vedremo agire in due diversi modi, prima mediante la vegetazione che produce steli e foglie, poi mediante la riproduzione che si compie nella formazione dei fiori e dei frutti. Osservandone con più attenzione l'incremento, vediamo che, mentre la pianta progredisce da nodo a nodo, da foglia a foglia, e si eleva, si effettua nello stesso tempo una


(1) Batsch : Introduzione alla cognizione ed alla storia delle piante, parte I, capitolo 19.


riproduzione, la quale diversifica dalla riproduzione per mezzo dei fiori e dei frutti in ciò che quest'ultima si opera d'un solo tratto, laddove quella prima è successiva, e si manifesta in una serie di sviluppi distinti. Questa forza vegetativa e progressiva ha la massima affinità con quella che spiega d'un solo tratto una grande riproduzione. Si può in date condizioni costringere una pianta a continuar di crescere, od all'opposto accelerarne la infiorazione. Il primo caso avviene quando il succo della pianta male elaborato si forma in troppo grande quantità, il secondo quando in essa predominano agenti più raffinati.

114
Col dare alla cresciuta il nome di successiva, ed alla infiorazione e fruttificazione quello di simultanea, noi abbiamo già caratterizzata la maniera con cui entrambe si manifestano. Un vegetabile che cresce si allunga più o meno, sviluppa un gambo o stelo, gli intervalli da un nodo all'altro sono per lo più note voli, e le sue foglie si spiegano lungo tutto lo stelo. All'opposto una pianta che fiorisce si contrae in ogni sua parte, cessa d'estendersi in lunghezza e in larghezza, e tutti i suoi organi si trovano nel massimo grado di concentrazione, serrati gli uni contro gli altri.

115
Ora, sia che la pianta cresca, o fiorisca, o frutti fichi, sono sempre gli stessi organi che adempiono l'intenzione della natura con diverse destinazioni e sotto forme sovente svariatissime. Lo stesso organo che sullo stelo si è spiegato in istato di foglia, ed ha assunto le forme più diverse, quel medesimo organo si restringe poi in calice, si espande nuovamente in petali, si contrae per produrre stami, e si dilata infine un'ultima volta per passare allo stato di frutto.

116
Questa azione della natura procede congiunta con un'altra, cioè colla riunione dei diversi organi intorno ad un centro, secondo determinati numeri e gradi, i quali però in molti fiori diversificano assai, e crescono o diminuiscono secondo speciali circostanze.

117
Anche nella formazione dei fiori e dei frutti l'anastomosi vi influisce nello stesso modo; essendo per opera sua che le parti estremamente delicate della fruttificazione serrate le une alle altre si compenetrano fra loro, sia per tutto il tempo della loro durata, sia per una sola parte di questo tempo.

118
Nondimeno le approssimazioni, concentrazioni ed anastomosi non sono esclusivamente proprie dei fiori e dei frutti; possiamo anzi riconoscere qualche cosa di simile nei cotiledoni; e le altre parti della pianta ci porgeranno in seguito abbondante materia ad osservazioni dello stesso genere.

119
Come cercammo di spiegare gli organi apparente mente diversi della pianta nel suo stato di cresciuta e di infiorazione per mezzo di un organo solo, cioè la foglia, che d'ordinario si sviluppa ad ogni nodo, così abbiamo creduto di derivare dalla foglia quei frutti che portano rinchiusi entro di sé i propri semi.

120
Ben si sente che avremmo bisogno d'un vocabolo comune per indicare l'organo metamorfosato nei suoi diversi stati, e per poterne comparare la forma in tutte le sue modificazioni: ma per ora ci dobbiamo accontentare di abituarci a raffrontare gli uni cogli altri questi fenomeni progressivi e retrogradi, poiché noi potremmo dire che uno stame è un petalo contratto; come potremmo dire che un petalo sia un'antera in istato di espansione. Potremmo pur dire che una foglia del calice sia una foglia dello stelo contratta, e prossima ad un certo grado di perfezione; come potremmo dire che una foglia dello stelo sia una foglia del calice dilatata per soprabbondanza di sughi imperfetti.

121
Egualmente si potrebbe dire che lo stelo è uno stato di infiorazione e di fruttificazione dilatato, nella stessa maniera che abbiamo rapportato i fiori e i frutti ad una contrazione dello stelo.

122
Inoltre sulla fine del presente saggio ho preso a considerare anche lo sviluppo delle gemme, ed ho cercato di spiegare i fiori composti, come pure i frutti nudi.

123
Gli è così che mi sono studiato di esporre nel modo più compiuto e più chiaro che ho potuto una opinione che a me pare assai persuadente. Se, ciò nondimeno, essa non abbia raggiunta l'intera evidenza, se si trovi ancora esposta a qualche obbiezione, e se le spiegazioni da noi date non sembrino applicabili a tutti i casi, io mi farò debito di raccogliere tutte le osservazioni che mi verranno fatte, e di trattare in seguito il tema con maggiore accuratezza e diffusione per rendere più evidente questa teoria, e procurarle quell'universale consentimento che ella per ora non è forse in diritto di aspettarsi.



APPENDICE I.   


L'Autore presenta la Storia dei suoi studi botanici



Voir venir les choses est le meilleur
moyen de les expliquer


Turpin.





Per illustrare la storia delle scienze, e per seguirne passo passo il progresso, suolsi d'ordinario risalire ai loro primordj, cercare di scoprire chi pel primo abbia portato la sua attenzione su di un oggetto qualsiasi, qual metodo abbia tenuto, dove ed in quale epoca siansi osservati la prima volta certi fenomeni, sicchè di pensamento in pensamento si aprono nuove vedute che poi stabilite generalmente per via di applicazioni, segnano in fine l'epoca, nella quale esce fuori indubitato ciò che allora ci piace di chiamare scoperta od invenzione: indagini che ci danno opportunità non poche di conoscere e di valutare le forze della umana intelligenza.
Anche il precedente saggio ottenne l'onore, che si cercasse di rimontare alla sua origine; si volle sapere come mai un uomo già maturo d'anni, che si era fatto qualche nome come poeta, e che inoltre sembrava assorto da occupazioni di elezione e di dovere di tutt'altra indole, avesse potuto spingersi nell'immenso regno della natura, ed internarvisi tanto da afferrare un principio, il quale, per essere applicato ai più svariati fenomeni, supponeva una legge, cui dovevano subordinarsi migliaia di individualità, L'autore di questo opuscolo ne ha già fatto cenno ne' suoi fascicoli sulla Morfologia; ma pensando che sia qui il luogo di far conoscere maggiori parti colarità, chiede licenza di farne la spassionata esposizione, introducendosi a parlare in persona propria.
Nato ed allevato in una città abbastanza ragguardevole, il corso della mia istruzione cominciò dallo studio delle lingue antiche e moderne, cui non tardarono ad aggiungersi esercizi di rettorica e di poesia, col sussidio poi di tutto quanto nei rapporti morali e religiosi tende a far rientrare l'uomo in sé stesso come oggetto delle proprie meditazioni.
Di maggiori progressi andai pure debitore ad altre più grandi città, dal che ne venne che il mio spirito dovette formarsi ad abitudini di socievolezza, e quindi alla seducente occupazione di ciò che in allora si chiamava l'amena letteratura.
D'altra parte io non aveva idea della natura propriamente tale, né la menoma cognizione dei così detti suoi tre regni. Sin da fanciullo era testimonio dell'ammirazione che destavano le raccolte di tulipani, ranuncoli, garofani elegantemente distribuiti nelle aiuole dei giardini, e quando oltre i soliti alberi fruttiferi vi si vedevano prosperare albicocchi, peschi o viti, non ci voleva di più perchè persone d'ogni età ne facessero gran maraviglia. Alle piante esotiche non ci si pensava neppure; meno poi ad insegnare nelle scuole la storia naturale.
I miei primi saggi poetici furono accolti con favore; essi però veramente dipingevano solo l'uomo interno, il che supponeva una certa cognizione degli affetti dell'animo. Qua e là vi si riscontrano nondimeno degli slanci di ammirazione entusiastica per la natura campestre, non meno che una seria intenzione a riconoscere il prodigioso mistero della perpetua distruzione e riproduzione degli esseri, sebbene questa intenzione del poeta sembri perdersi in vaghe ed irrequiete fantasie (1).


(1) Qui l'autore sembra alludere ad alcuni passi del Werther



Entrai finalmente in una vita di attività e in una sfera scientifica quando Weimar mi accolse cortese nell'illustre suo circolo; si fu colà ch'io con altri vantaggi inestimabili potei scambiare l'aria degli appartamenti e della città coll'atmosfera dei campi, dei boschi e dei giardini.
Associatomi la stessa prima invernata al tumultuoso e compagnevole divertimento della caccia, le lunghe serate non venivano poi unicamente occupate nel racconto delle memorabili avventure del giorno, ma laconversazione si volgeva principalmente sulla coltura dei boschi. Il dipartimento dei boschi a Weimar era infatti affidato a persone dotate di una considerabile istruzione in questo ramo; tra le quali il nome di Skell è ancora in istima. Ed in quell'epoca appunto erasi terminata l'operazione di una ricognizione generale di tutti i distretti boschivi, basata sopra misure assunte secondo le regole della trigonometria, ed era stata determinata per un lungo tratto di tempo la ripartizione dei tagli annuali.
Anche i giovani appartenenti a nobili famiglie se condarono di buon grado questa sensata direzione: tra i quali io non citerò che il barone di Wedel rapitoci poi sgraziatamente sul fiore dell' età. Egli esercitava l'ufficio suo con giuste vedute e colla maggiore equità; egli pure insisteva fin d'allora perchè si diminuisse la quantità del selvaggiume, persuaso com'era del grave danno che la sua conservazione non poteva a meno di arrecare non solo all'agricoltura, ma alla stessa prosperità dei boschi.
Le foreste della Turingia ci stavano aperte dinanzi in tutta la loro vastità; poiché non solo noi potevamo percorrere i bei tenimenti del nostro Sovrano in quel paese, ma le relazioni amichevoli che sussiste-


e probabilmente alla procellosa lettera (18 agosto), ove, parlando della natura e delle misteriose sue forze, chiude con quelle fiere parole: Ich sehe nichts, als ein evig verschlingendes, ewig vieder kàuendes Ungeheuer. (Non vedo altro che un mostro eternamente divorante, eternamente pervasivo). (N.d.C.)


vano coi Principati limitrofi ne consentivano l'accesso anche sul loro territorio. Gli studi forestali venivano inoltre favoriti dalle ricerche geologiche intraprese con tutta l'energia giovanile, e che avevano per iscopo di determinare le condizioni del terreno, ove crebbero quelle antichissime foreste. Ivi allignavano pini d'ogni specie col loro verde cupo e colle loro balsamiche esalazioni, faggi ridenti, betulle pieghevoli ed ogni sorta di arbusti. Noi avevamo agio di osservare questa riccavegetazione sopra una grande scala e sopra una superficie di molte leghe, e di potere così indagare e conoscere il migliore o deteriore sistema di coltura dei boschi in diversi distretti.
Anche quando si trattava di utilità pratica ci era d'uopo informarci delle proprietà specifiche delle di verse qualità di alberi. Le incisioni che sogliono farsi per ottenere la resina, abuso che si voleva a poco a poco frenare, porgevano occasione all'osservatore di esplorare i sughi balsamici, la cui circolazione dalle radici all'estrema vetta di un albero secolare, gli mantiene il nutrimento e lo conserva fresco, vegeto e verdeggiante.
Qui ci si presentava l'intera famiglia delle Criptogame nella sua più grande varietà; le stesse radici sepolte nel terreno non isfuggirono alle nostre osservazioni. Sin da tempi antichissimi aveano preso possesso di quei boschi dei fabbricatori di arcani rimedi, i quali di padre in figlio si tramandavano le ricette per cavare dalle piante varie sorta di quintessenze e di spiriti, la cui riputazione generale di eccellenti specifici sotto diverse forme e con diversi nomi si sosteneva in credito e si diffondeva per mezzo di empirici ambulanti. La Genziana figurava tra le prime, e fu una piacevole occupazione di studiare questa copiosa famiglia sotto i suoi differenti aspetti come pianta e come fiore, e soprattutto come radice, per l'utilità del suo uso nella medicina; e si fu questo appunto il primo genere di vegetabili, pel quale simpatizzai, e di cui in seguito mi applicai a studiare particolarmente le specie.
Per tal modo la mia educazione botanica presentava sino ad un certo punto una coincidenza nel suo progressivo andamento colla storia della botanica stessa: infatti gli oggetti più comuni e triviali che mi si offrivano alla vista erano quelli che mi ponevano sulla traccia delle cose essenzialmente utili e di pratica applicazione, il bisogno mi avea fatto strada alle cognizioni: il che ricorda l'epoca dei Rizotomi (1).
Ora trattandosi di far conoscere in qual modo io sia pervenuto alla botanica scientifica, debbo innanzi tutto far menzione di un uomo, che per ogni riguardo meritava tutta la stima de suoi compatriotti di Weimar. Il dottor Buchholz, proprietario dell'unica farmacia allora esistente, uomo ricco e che sapeva goder della vita, volgeva tutta la sua attività alle scienze naturali con una smania d'istruirsi veramente degna di elogio. Per le preparazioni farmaceutiche propria mente dette egli si associò a collaboratori i chimici più distinti; ed è così che il bravo Göttling è sortito da questo laboratorio, espertissimo nei processi d'analisi. Di ogni importante novità nella chimica o nella fisica, o fosse scoperta nella Germania o presso altre nazioni, ne venivano qui ripetute le esperienze sotto gli occhi di lui, alla presenza di una scelta adunanza di persone desiderose d'istruirsi, senza alcun movente d'interesse personale.
Ricorderemo specialmente in sua lode come in processo di tempo, ed allorquando i naturalisti erano tutti dedicati a studiare le varie specie di gaz, egli non lasciasse di ripetere di volta in volta gli esperimenti


(1) Così chiamavansi i garzoni, cui gli antichi medici occupavano a raccogliere e tagliare erbe e radici per gli usi della medicina; da rhiza, radice e temno, tagliare. – Dizion. Etimolog. alla voce Rizotomo.


dei più recenti trovati. Così è a lui che dovemmo l'ascensione di uno dei primi aerostati; il che porse un interessante trattenimento alle persone istrutte, mentre la folla del popolo non capiva in sé dallo stupore, e nell'aria si vedevano svolazzare qua e là torme di colombi spaventati.
Qui mi si potrà fare il rimprovero ch'io frammetta a questa mia relazione cose estranee all'argomento. Mi sia dunque permesso di rispondere, ch'io non potrei completamente render conto de miei progressi senza richiamare alla memoria con sentimento di riconoscenza i vantaggi che sin da principio io ritrassi dalla società di Weimar, società che per quei tempi avea già tanto progredito, e nella quale il buon gusto ed il sapere, la scienza e la poesia si davano la mano per agire di conserva, e dove gli studi severi e profondi sembravano gareggiare con una viva e festevole attività. Ma, guardato più da vicino, ciò che sono per dire si lega intrinsecamente alle cose già esposte. La chimica e la botanica scaturivano, per così dire, congiuntamente dalle stesse esigenze dell'arte medica; e da che il benemerito dott. Buchlmolz si azzardò a sortire dal suo ricettario per spingersi nelle regioni più elevate della chimica, si trovò condotto a varcar l'angusto circolo dei semplici più conosciuti per entrare nell'ampio regno dei vegetabili. Quindi il suo giardino non offrì soltanto le specie medicinali, ma vi furono coltivate nel solo interesse della scienza piante rare e venute da poco a conoscenza.
Allo spirito intraprendente di quest'uomo fu data una direzione a scopo di più estesa utilità ed istruzione dal giovane Principe, che sin d'allora avea spiegato una decisa predilezione per gli studi scientifici; e ciò col dedicare alla formazione di uno stabilimento botanico dei vasti tratti di giardino che riunivano il doppio vantaggio di essere in parte ben soleggiati ed in parte ombreggiati ed umidi, per le varie specie di colture, assegnando anche abili e provetti giardinieri a prestarvi le loro cure.

In questo stato di cose anch'io dovetti cercare di estendere sempre più le mie cognizioni in materia di botanica. La Terminologia di Linneo, i Fondamenti, sui quali dovea posare l'edificio scientifico da lui architettato; le Dissertazioni di Giovanni Gessner a schiarimento degli Elementi Linneani, tutto venne ristretto da me in un quadernetto, che mi diventò indivisibile compagno; ed anche oggigiorno quest'istesso quaderno mi richiama ai dì felici e pieni di vita, nei quali ciascuna di queste succose pagine apriva a miei occhi un nuovo orizzonte. La Filosofia della Botanica di Linneo era il mio studio cotidiano; così le mie cognizioni sistematiche si andavano aumentando di giorno in giorno dagli stessi sforzi ch'io faceva per appropriarmi il più che fosse possibile tutto ciò che potea contribuire a procurarmi un colpo d'occhio più comprensivo su questo ampio regno.
Sotto questo, come sotto ogni altro rapporto scien tifico, mi fu particolarmente utile la vicinanza dell'Accademia di Jena, dove già da un pezzo si coltivavano con zelo ed assiduità le piante officinali. I professori Prätorius, Schlegel, Rolfink nondimeno avevano già, secondo quei tempi, ben meritato della Botanica universale. Soprattutto aveva fatto epoca la Flora Jenensis di Ruppe, venuta in luce nel 1718; e l'amatore dello studio delle piante, fin allora circoscritto all'osservazione delle specie medicinali nel piccolo recinto di un giardino conventuale, vide aprirsi un ricco territorio, ed entrò nella libera e lussureggiante campagna.
Alcuni intelligenti campagnuoli dei dintorni, che fin allora si erano dedicati ad erborizzare in servigio dei farmacisti, si associarono alacremente a questo movimento, e si applicarono a studiare poco a poco la terminologia nuovamente introdotta. Tra essi erasi particolarmente distinta una famiglia Dietrich di Ziegenhayn; il loro avolo, che era stato distinto dallo stesso Linneo, e che poteva mostrare una lettera autografa di quest' uomo insigne, credeva a ragione di possedere in questa specie di diploma dei buoni titoli di nobiltà in botanica. Dopo la sua morte il figlio continuò nella stessa occupazione, che consisteva principalmente nel procurare ogni settimana ai maestri ed agli scolari le così dette lezioni, cioè dei fasci di vegetabili in fioritura raccolti nei contorni. La gioconda attività di quest'uomo si fece sentire sino a Weimar; ed io in tal modo m'impossessai poco a poco della copiosa Flora di Jena.
Ma un'influenza ancor maggiore esercitò sopra i miei studi il nipote di lui, Federico Amadeo Dietrich. Ben formato della persona, con una fisonomia graziosa e regolare, questo giovane si slanciò con tutta la vivacità e l'abbandono proprio dell' età sua alla conquista del regno vegetale; la sua felice memoria riteneva le più strane nomenclature, e gliele riproduceva sempre al preciso momento del bisogno; la sua figura mi piacque; da suoi modi e da suoi atti traspariva un carattere ingenuo e indipendente; però mi determinai di condurlo meco in una gita che feci a Carlsbad.
Viaggiando ognora a piedi tra regioni montuose, egli raccoglieva con una intelligenza d'istinto ogni sorta di fiori, e presentava a me in carrozza il suo bottino, quasi sempre sulla faccia dei luoghi, proclamando ad alta voce le classificazioni Linneane di genere e specie con una certa ilare sicurezza, sebbene spesso guastandone la prosodia. Così mi trovai in rapporti nuovi e più intimi colla natura, potendone ammirare cogli occhi lo stupendo spettacolo, mentre le denominazioni scientifiche dei singoli oggetti mi entravamo per gli orecchi, quasi un eco della lontana voce del maestro.
Anche a Carlsbad questo giovane tutto attività era su pei monti allo spuntare del sole, e mi recava doviziose lezioni alla fonte, prima ch'io avessi vuotato il prescritto numero di bicchieri; tutti i compagni di cura vi prendevano parte, ed in ispecie coloro che erano iniziati a questa scienza geniale. L'interesse non solo in questi, ma anche negli altri in generale, e per sino nelle donne, era vivamente eccitato, vedendo accorrere in abito succinto questo grazioso giovinetto, presentare grossi mazzi di erbe e di fiori, e designarli tutti uno ad uno coi loro nomi di origine greca, latina, o barbara.
Che se questi particolari fossero per sembrare troppo empirici a qualche scienziato, dovrei aggiungere che si fu appunto questo nostro affaccendarsi, che ci valse l'interessamento di una persona già ben avanzata in questi studi, dico di un abile medico, che, venuto in compagnia di un alto personaggio, avea però in pensiero di profittare della sua permanenza ai bagni per occuparsi di botanica. Egli non tardò ad accostarsi a noi, e noi ci tenemmo fortunati di averlo acquistato per compagno. La maggior parte delle piante raccolte da Dietrich furono da lui messe in ordine con assai diligenza, inscrivendovi i nomi respettivi, e aggiunte vi parecchie osservazioni. In ciò io non poteva che vantaggiare. I nomi, coll'udirli ripetere, mi si imprimevano nella memoria, ed acquistai anche più facilità nell'analisi, sebbene senza gran guadagno; giacché il dividere e numerare non fu mai cosa per me omogenea.
I nostri tentativi però non mancarono di contraddittori nella società di Carlsbad. Spesso ci conveniva udire: che infine la botanica, cui ci eravamo applicati con tanto fervore, non era poi altro che una nomenclatura, un sistema unicamente fondato su numeri, e neppure in modo accertato; che essa non aveva di che soddisfare né la ragione, né l'immaginazione, e che non se ne potrebbe dedurre conseguenze d'alcuna sorta. Non ostante questa opposizione noi proseguivamo tranquillamente nel nostro cammino, che ci prometteva sufficienti progressi nella conoscenza dei vegetabili.
Mi limiterò qui ad accennare di passaggio che il resto della carriera del giovane Dietrich fu corrispondente a suoi primordi. Egli continuò senza interruzione nella stessa via sino al punto che giunse a farsi una bella riputazione coi suoi scritti; ed anche al dì d'oggi, fregiato del titolo di dottore, dirige con zelo ed onore il giardino granducale di Eisenach.
Carlo Augusto Batsch, il cui padre in Weimar godeva della benevolenza e considerazione universale, avea ben messo a profitto il suo corso di studi in Jena; si era dedicato con amore alla storia naturale, e vi aveva progredito di tanto, che fu chiamato a Köstritz per mettere in ordine la preziosa collezione dei conti di Reuss, e per tenerne un certo tempo la direzione. In appresso fece ritorno a Weimar, ove durante l'inverno ebbi il piacere di farne la conoscenza nel sito ove convenivano le persone delle condizioni più elevate per godere del passatempo dello scivolare sul ghiaccio. Io non tardai a sentire il pregio del suo carattere franco insieme ed urbano, e della sua ben diretta attività, onde potei, frammezzo a quei geniali esercizi, intrattenermi con lui liberamente e seguita mente intorno ai punti più prominenti della scienza dei vegetabili, non meno che intorno ai diversi metodi di coltivarla.
La sua maniera di vedere coincideva perfettamente coi miei bisogni. Suo principale scopo era di coordinare le piante in famiglie per via di una continua e graduale progressione. Questo metodo affatto naturale, presentito ed augurato da Linneo stesso, nel quale i botanici francesi persistettero in teorica ed in pratica, era fatto per occupare la vita intiera di un giovane intraprendente; quale non fu la mia compiacenza di potervi partecipare, per così dire, di prima mano!
Ma non solamente due giovani, sibbene anche un uomo attempato e di un merito riconosciuto, dove vano esercitare sopra di me un'influenza incalcolabile. Il consigliere intimo Büttner aveva trasportato la sua biblioteca da Gottinga a Jena; ed io incaricato dal mio Sovrano, che avea saputo accaparrare per sé e per noi quel tesoro, di attendere al suo riordinamento e collocamento secondo le idee dello stesso raccoglitore che ne conservava il godimento, ebbi opportunità di tenermi con lui in una continua relazione. Quest'uomo che poteva dirsi una biblioteca vivente, pronto a dare risposte e soluzioni ampie e soddisfacenti su questioni d'ogni sorta, amava di intrattenersi a preferenza sulla botanica.
Ben lungi dal farne mistero, egli anzi protestava con una sorta di vanto di avere tra sé e sé sostenuto una specie di opposizione contro il suo contemporaneo Linneo, contro un uomo sì eminente, che riempiva il mondo del suo nome, e del quale egli non avea mai voluto adottare il sistema, studiandosi all'incontro di formare una classificazione dei vegetabili per ordine di famiglie, procedendo dal più semplice ed appena percettibile al più composto ed al più anomalo. Egli si compiaceva di mostrare una tavola scritta di sua mano con molta nitidezza, e nella quale le specie erano disposte secondo questo metodo; il che contribuì non poco a tranquillarmi ed a confermarmi nelle mie idee.
Considerando le cose fin qui dette si comprenderà quali vantaggi per siffatti studi mi porgesse la mia situazione. Ampi giardini, sì in vicinanza della città, come nei palazzi di villeggiatura; qua e là nella campagna piantagioni di alberi e di arbusti non indifferenti per gli studi botanici; inoltre il vicino sussidio di una Flora locale scientifica preparata di lunga mano, e l'influenza di un'Accademia che faceva continui progressi: tutto ciò messo insieme era più che bastevole a dirigere sul mondo vegetale l'attenzione di uno spirito opportunamente predisposto.
Intanto che le mie cognizioni e le mie vedute in botanica si andavano di tal modo allargando nella viva espansione di una amichevole gara, la mia attenzione fu richiamata sopra un solitario che si era dedicato a siffatti studi di proposito e con tutta la contenzione. Chi sarà che non voglia accompagnare nelle sue solinghe passeggiate il venerabile Giangiacomo Rousseau, quando in guerra cogli uomini, concentra tutte le sue facoltà sul regno delle piante ed impiega tutte le potenze di un intelletto sano e vigoroso a famigliarizzarsi con questa simpatica progenie della natura?
Non mi è noto se egli, ne suoi primi anni, abbia avuto altri motivi per interessarsi ai fiori ed alle piante, che quelli di trovarli associati ad affezioni e simpatie dell'anima e a tenere rimembranze; a quanto però ne dice egli stesso positivamente, si fu sul lago di Bienna, nell'isola di San Pietro, dopo le burrasche di una vita letteraria, che avrebbe portato seriamente la sua attenzione su questo regno della natura. Più tardi in Inghilterra lo vediamo girar lo sguardo più sicuro, e dominare un più largo orizzonte; le sue relazioni con amatori ed intelligenti di botanica, in ispecie colla duchessa di Portland, devono aver contribuito ad acuire la sua penetrazione; ed uno spirito come il suo, che si sentiva chiamato a dettar leggi alle nazioni, doveva pure presentire l'impossibilità che nel l'immenso regno vegetale potesse svolgersi tanta varietà di forme, senza che una legge fondamentale, per arcana che fosse, non le rivocasse tutte all'unità.
Egli s'ingolfa tutto in questo regno della natura, se ne investe pienamente, sente entro di sé la possibilità di un metodo che ne abbracci l'insieme; ma non ha bastante coraggio per proporlo. E interessante l'udire come egli stesso si esprima a questo proposito. "Pour moi, qui ne suis dans cette étude, ainsi que dans beaucoup d'autres, qu'un écolier radoteur, j'ai songé plutôt en herborisant à me distraire et m'aemuser qu'à m'instruire, et n'ai point eu dans mes observations tardives la sotte idée d'enseigner au a public ce que je ne savais pas moi-même. J'avoue pourtant que les difficultés que j'ai trouvées dans l'étude des plantes m'ont donné quelques idées sur les moyens de la faciliter et de la rendre utile aux autres, en suivant le fil du système végétal par une méthode plus graduelle et moins abstraite que celle de Tournefort et de tous ses successeurs, sans en excepter Linnaeus lui-même. Peutètre mon idée est-elle impraticable. Nous en causerons, si vous voulez, quand j'aurai l'honneur de vous voir" .

["Per me, che non sono che uno studente chiassoso in questa materia, così come in molte altre, ho pensato più a divertirmi ed a divertirmi mentre faccio erboristeria piuttosto che imparare, e non ho mai avuto nella mia osservazione tardiva l'idea sciocca di insegnare al pubblico ciò che non conoscevo personalmente. Tuttavia, ammetto che le difficoltà che ho incontrato nello studio delle piante mi hanno suggerito alcune idee su come renderlo più accessibile ed utile agli altri, seguendo il filo del sistema vegetale con un approccio più graduale e meno astratto rispetto a quello di Tournefort e di tutti i suoi successori, compreso Linnaeus stesso. Forse la mia idea è impraticabile. Ne potremo discutere, se lo desiderate, quando avrò l'onore di incontrarvi." N.d.C.]

Così scriveva egli al principio del 1770; il suo lavoro però progrediva senza intermissione; e già in agosto del 1771 egli, per nero officio di amicizia, si assumeva l'incarico di servire altrui di maestro e perfino a delle signore, mettendole a parte delle sue cognizioni e delle sue vedute, non per semplice passatempo, ma coll'intenzione di introdurle nei penetrali della Scienza.
Qui egli si fa a risalire alle origini, cioè ai primordiali elementi sensibili della scienza, presentando le parti dei vegetabili staccatamente l'una dall'altra, ed insegnando a distinguerle e denominarle. Ma appena ha riunito di nuovo le parti e ricomposto il fiore, designandolo o mediante il suo nome volgare o in modo più onorevole colle denominazioni Linneane, di cui riconosce tutto il pregio, egli apre immediatamente le sue vedute sopra intiere masse. Poco a poco ci fa passar sott'occhio le liliacee, le siliquose e siliculose, le labiate, le personate, le ombellifere, e infine le composte; e mentre in questo modo rende sensibili le differenze di una varietà e di un avvicendamento sempre crescenti, ci conduce insensibilmente ad un prospetto compiuto e soddisfacente. Parlando poi a delle signore, egli sa dare a proposito dei cenni sugli usi proficui o nocivi dei vegetabili; e ciò con tanto più d'appropriatezza, in quanto che, traendo i suoi esempi dagli oggetti circostanti, si limita a parlare dei vegetabili indigeni, astenendosi dal citare piante esotiche, per quanto conosciute e coltivate.
Nell'anno 1822 sotto il titolo Botanique de Rousseau fu data un elegante edizione in folio piccolo di tutti gli scritti che si hanno di lui su questa materia; questa edizione è accompagnata da tavole miniate sui modelli dell'esimio pittore Redouté, rappresentanti tutte le piante, di cui l'autore ha parlato. Scorrendo queste tavole si gode di scorgere il processo semplice e per così dire famigliare, da lui tenuto ne' suoi studi, non vi si incontrando che piante che egli era a portata di osservare facendo le sue passeggiate (1).
Il suo metodo di richiamare entro un circolo più ristretto le specie del regno vegetale si accosta evidentemente, come già abbiamo notato, alla divisione per famiglie; e siccome io stesso aveva già preso ne miei studi quella medesima direzione, tanto maggiore fu l'impressione che fece sopra di me il suo metodo.
E, del pari che i giovani studenti si affiliano di preferenza ai giovani maestri, così anche i dilettanti amano di attignere istruzione da altri dilettanti. Nel l'aspetto di una solida istruzione, vi sarebbe che dire, se l'esperienza non avesse provato che i dilettanti essi pure contribuirono d'assai agli avanzamenti della scienza. Ed è naturale: chi esercita una scienza ex professo deve applicarsi ad approfondirla in tutta la sua estensione per formarne un tutto compiuto, laddove il dilettante deve cercare di farsi strada attraverso i particolari per giungere ad un punto elevato, d'onde avere un colpo d'occhio, se non dell'intiero, almeno della maggior parte del campo delle sue ricerche. Delle cure datesi da Rousseau per questa scienza citerò soltanto com'egli s'interessi all'arte di far seccare le piante e di formare gli erbari, e il vivo dispiacere che mostra, se alcuno gliene vada a male; sebbene, in contraddizione con sé medesimo anche in questo, pretenda poi di non possedere né attitudine, né perseveranza per conservarli, soprattutto a motivo


(1) Le opere di Rousseau sulla Botanica trovavansi già raccolte e separatamente stampate a Parigi nell'anno 1802, in un volume in 12°. Questa edizione, che noi abbiamo tra mano, non contiene però tavole illustrative, e non sorte dalla classe dei libri comuni. (Nota del Trad.)


dei suoi frequenti traslocamenti; per cui arriva a dire, di tenere siffatte collezioni per poco meglio che fieno.
Quand'egli però per compiacere ad un amico si accinge a trattare di proposito dei muschi, chiaro si scorge quanto interessante ed attraente sia per lui il regno vegetale; il che confermano in modo speciale i Frammenti per un dizionario dei termini d'uso nella Botanica.
Valga il sin qui detto per accennare a un dipresso di quanto noi andiamo debitori a Rousseau riguardo a quell'epoca dei nostri studi.
Come egli, scevro da ogni prevenzione nazionale, seppe attenersi al piano pur sempre progressivo di Linneo, così noi dal canto nostro noteremo di che grande vantaggio ci sia stato l'essere entrati in un campo scientifico, nuovo per noi, in un momento appunto di crisi, e l'esserci abbattuti in un uomo straordina rio tutto intento a dare a siffatti studi la più utile direzione. Noi ci troviamo giovani con un metodo giovane esso stesso, entriamo nuovi in una nuova epoca, e siamo accolti in una massa di operosità e movimento, quasi in un elemento che ci sorregge e ci aiuta a progredire.
Gli è così che io, come ogni altro mio contemporaneo, subiva l'influenza del genio di Linneo, mirava le cose dal suo punto di veduta. Mi era abbandonato con assoluta fiducia a lui ed al suo sistema; ciò malgrado poco a poco ebbi a sentire che su questa stessa via già appianata s'incontravano dei punti, che, senza traviarmi, arrestavano però i miei passi.
Ora, s'io debbo candidamente rivelare lo stato mio d'allora, converrà figurarsi in me un poeta nato, che cerca di assimilare le sue parole, le sue espressioni agli oggetti, per riuscire in qualche modo a riprodurli. E con queste disposizioni io avrei pure dovuto nell'applicarmi alle scienze naturali, introdurre nella mia memoria una terminologia bell'e fatta, aver pronto un certo numero di vocaboli e di epiteti, affinchè, al presentarsi di una forma qualunque, potessi assegnarle il suo luogo, e farne l'uso convenevole sotto la sua designazione più caratteristica. Un'operazione siffatta mi parve sempre una specie di mosaico, nel quale si col locano uno accosto all'altro pezzetti già preparati per far sortire da migliaia di essi il simulacro d'una figura; e ciò in certo modo mi ripugnava.
Ma, se da un lato sentiva la necessità di un tal metodo, per potere mediante espressioni generalmente ricevute intendersi sopra certe forme esteriori dei vegetabili, prescindendo così dalle rappresentazioni figurative delle piante difficili a procurarsi, e sovente poco esatte; d'altra parte, a volere applicare con precisione siffatte denominazioni, mi si offrivano difficoltà ancora più gravi per la stessa versatilità degli organi. Quando sul medesimo stelo io ravvisava delle foglie prima rotondate, poi frastagliate, e in seguito quasi piumate, che poi di nuovo si contraevano, si semplificavano, passavano allo stato di scaglie, e da ultimo scomparivano persino totalmente, allora perdeva la speranza di poter fissare ove che sia i miei segnali, od anche di tirare una linea di demarcazione comunque fosse.
Il problema di determinare con accertatezza i generi, e di subordinarvi le specie, mi pareva insolubile. Io ne trovava bensì l'indicazione sui libri, ma come sperar di fare una determinazione precisa, se, vivente ancora Linneo, eransi già divise e suddivise diverse famiglie, ed erasi persino dato il bando ad intiere classi? Dal che mi pareva doversi inferire, che questo uomo dotato di un genio e di una persipacia superiore non aveva potuto egli stesso impossessarsi che all'ingrosso delle leggi che reggono la natura. Se ciò non valse a scemare la mia ammirazione per lui, ebbe per altro a nascere in me un singolare conflitto, facile essendo ad immaginarsi l'imbarazzo in cui trovavasi involto, e dal quale dovea cercar di sortire, uno studente che non aveva altro maestro che sé stesso.

Io doveva intanto continuare nel consueto tenore di vita, ove per buona ventura i doveri e i passatempi non erano per lo più estranei alla campagna. Qui gli oggetti si presentavano immediati e con tutta la loro vivezza d'impressione a miei occhi: qui vedeva come ciascuna pianta cerchi le condizioni che le sono essenziali, e nelle quali possa svilupparsi pienamente e liberamente. Qui la cima dei monti, il fondo delle valli, la luce, l'ombra, la siccità, l'umidità, il tepore, gli ardori, il freddo, il gelo e quant'altre sono le condizioni che esigono le famiglie e le specie per isvilupparsi energicamente ed in copia. Egli è vero che in certi luoghi, in certe circostanze, esse cedono all'azione prepotente della natura, e tralignano in varietà, senza per altro perdere onninamente i caratteri di determinate forme e proprietà. Il genere di vita, di cui ho testè parlato, ne risvegliò in me dei presenti menti, e sin d'allora mi parve che una nuova luce si diffondesse sugli studi ch'io faceva nei libri e nei giardini botanici.
Chi, versato nella scienza, voglia trasportarsi col pensiero all'anno 1786, potrà appena farsi qualche idea delle difficoltà nelle quali già da dieci anni io mi trovava inviluppato. La soluzione di un siffatto problema non sarebbe pur facile ad un filosofo, per doversi mettere in conto il complesso di doveri, di occupazioni di predilezione, di distrazioni, alle quali io non poteva sottrarmi.
Un osservazione non sarà qui inopportuna: gli oggetti che ci diventarono per così dire famigliari sin dall'infanzia, ma che noi osservammo soltanto superficialmente, conservano sempre per noi una certaria di trivialità; il che fa che li guardiamo con indifferenza, e diventiamo sino ad un certo punto incapaci di riflettervi. Al contrario gli oggetti nuovi colla stessa loro varietà risvegliando in noi l'interesse, ci mostrano che siamo pure suscettibili di un alto grado di entusiasmo; essi ci lasciano intravedere uno scopo più importante, che non ci è interdetto di conseguire. In ciò sta il vero profitto del viaggiare; ciascuno poi ne partecipa alla propria maniera e secondo le proprie disposizioni. Guardato sotto rapporti impreveduti, ciò che già si conosce appare nuovo, e associandosi a nuovi oggetti, promuove l'attenzione, la riflessione ed il raziocinio.
Così la mia disposizione agli studi naturali, e particolarmente alla botanica, fu vivamente risvegliata durante il mio tragitto al di là delle Alpi. La maggior frequenza dei larici, la nuova apparizione dei pinocchi, mi fecero accorto dell'influenza del clima. Altre piante piu o meno modificate non isfuggirono alle mie osservazioni in quel rapido passaggio. Ma io conobbi soprattutto l'esuberanza di un'altra vegetazione entrando nell'orto botanico di Padova, ove vidi un'ampia muraglia tutta tappezzata di campanelle porporine della Bignonia radicans. Inoltre vi scorsi in piena aria parecchi alberi, i quali sin allora non avea veduto nell'inverno fuorché chiusi nelle serre. Le stesse piante che nella stagione più rigida eransi dovute di fendere con qualche riparo da freddi passeggieri, trovavansi ora scoperte a godere del beneficio di una mite temperatura. Una palma a ventaglio in ispecie attrasse tutta la mia attenzione: per buona ventura le sue prime foglie lanceolate erano ancora in piedi, la loro divisione successiva andava operandosi e progredendo fino al loro compiuto sviluppo in forma di ventaglio. Finalmente da un involucro simile ad una spata usciva un piccolo stelo coi fiori, fenomeno singolare, non avente alcun rapporto colla vegetazione precedente, e che mi parve curioso e sorprendente.
Il giardiniere, da me richiesto, mi formò una serie di tutte queste modificazioni, che io riposi in grandi cartelle, e trasportai meco. Ed anche al presente le tengo sott'occhio ben conservate, quali le raccolsi allora, e le venero come idoletti, i quali, avendo potuto fissare la mia attenzione, sembravano promettere un esito felice alle mie ricerche.
Osservando l'avvicendarsi di queste apparenze e di questi fenomeni nelle piante, mi confermai sempre più nell'idea, che le forme vegetali non siano sin dalla loro origine stabilite e determinate in modo assoluto; ma che le piante, nonostante una tenacità generica e specifica, siano nello stesso tempo dotate di una particolare mobilità e rendevolezza, in virtù della quale possono adattarsi a tutte le modificazioni, di cui è suscettibile il loro sviluppo nelle diverse regioni del globo.
E qui sono da prendere in calcolo le varietà del terreno; abbondantemente nudrita dall'umidità delle valli, rattratta dalla siccità dei luoghi elevati, difesa in gradi diversi dal gelo e dagli ardori, oppure tutt'affatto esposta all'uno e agli altri, la famiglia può degenerare in ispecie, la specie in varietà, e questa all'infinito per effetto di altre condizioni; e nondimeno le piante non sortono dal regno che loro è proprio, sin quando sembrano accostarsi ora alla solidità d'un minerale, ora alla mobilità d'un organismo vivente. Le stesse specie più disparate hanno fra loro una affinità ben marcata, e presentano più di un rapporto di somiglianza fra di loro. Ora siccome tutte si possono rapportare ad un'idea comune, io mi andava sempre più persuadendo che questo concetto era suscettibile di essere portato ad un grado ancora superiore; idea che allora mi si aggirava nella mente sotto la forma sensibile di un tipo di pianta primitiva. Io tenni dietro con occhio esploratore a tutte le forme della pianta nelle sue trasmutazioni, quali mi si venivano presentando; e si fu all'ultimo termine del mio viaggio in Sicilia, che m'apparve compiutamente schiarita l'identità originale di tutte le parti della pianta. Da allora in poi non attesi più che ad accertare con continue osservazioni la mia scoperta.
Quindi nacque in me per questo genere di studi una predilezione, anzi una decisa passione che dopo il mio ritorno dalla Sicilia si mantenne in mozzo anche agli affari più indispensabili ed alle più importanti occupazioni. Chi sa per esperienza propria che cosa sia un'idea feconda impadronitasi di noi, o ch'ella sia nata in noi stessi, o che ci sia venuta da altri, comprenderà quale eccitamento passionato sia capace di produrre nel nostro spirito, e quale entusiasmo sia il nostro di aver potuto presentire in idea tutto quello che in progresso si viene via via sviluppando; al che anzi un tale sviluppo dovea appunto condurci. Quindi parrà naturale che, colpito e predominato da una tale idea, come da una passione, io non abbia potuto a meno di occuparmene, se non esclusivamente, però in tutto il resto della mia vita (1).


(1) È cosa interessante di osservare questo grand'uomo in uno stato di continua preoccupazione nel periodo in cui gli si veniva maturando in mente il suo sistema, e di sorprenderlo, per così dire, in accessi d'esaltazione quando gli si apriva, com'egli stesso si esprime, qualche importante rivelazione intorno al principio che andava investigando. Crediamo far cosa accetta ai nostri lettori estraendo dalle altre opere dell'autore i passi che si riferiscono alle sue scoperte botaniche.
Scriveva da Napoli il 13 marzo 1787 : "Dite a Herder che le mie indagini botaniche progrediscono sempre; è ognora lo stesso principio, ma ci vorrebbe tutta una vita per avverarlo. Forse e però sono ancora a tempo di segnarne le linee essenziali". Viaggio in Italia; dalle opere complete di Goethe, ediz. di Lipsia 1830, vol. 28, pag. 47.
Ed indi a poco il 25 dello stesso marzo, egualmente da Napoli notava: a "Passeggiando alla marina, ebbi una vera rivelazione sulla botanica. Dite a Herder che la mia pianta-tipo è quasi accertata; solo temo che nessuno sia per riconoscervi l'intiero regno vegetabile. La mia famosa teoria dei cotiledoni è talmente sublimata, che dubito si possa andare più in là n. Vol. cit., pag. 74. E da Palermo il 17 aprile 1787 : "È una vera vessazione di essere perseguitato e tentato da tanti e si diversi fantasmi! Questa mattina andai nei pubblici giardini col fermo e tranquillo proponimento di abbandonarmi alle mie visioni poetiche; ma senzachè me ne avvedessi, mi assalse l' altro demone, che da parecchi giorni mi insidia. Le piante che era avvezzo a vedere soltanto in vasi, anzi la maggior parte dell'anno custodite in serre, qui vegetano allegramente all'aria aperta; e così, appieno conseguenti alla loro destinazione, ci si fanno meglio manifeste. Ad uno spettacolo sì nuovo si risvegliò in me la mia antica fantasia: non sarebbe egli possibile rinvenire fra tutte queste piante la pianta-tipo? E deve pur esistere! Altrimenti
,

Per quanto nondimeno fosse grande il mio entusiasmo, non era possibile che di ritorno a Roma io

come farei a conoscere che questo o quell'altro individuo sia una pianta, se tutte non fossero formate secondo un tipo?
Cercai dunque di indagare in che cosa i tanti diversi individui diversifichino tra di loro. Io riscontrava tra loro maggiore il numero delle somiglianze, che delle differenze; e se voleva applicarvi la terminologia botanica, benissimo, non fruttava, anzi mi stornava, senzachè mi trovassi poi più avanzato. Tutte le idee poetiche che avea portato meco, erano dissipate; i giardini di Alcinoo scomparsi; ed io mi trovava in presenza della natura vegetabile". Volume citato pag. 146.
E nuovamente scrivendo da Napoli a Herder il 17 maggio 1787: "Debbo inoltre confidarti che sono in procinto di cogliere il secreto della propagazione e della organizzazione delle piante, e ch'ella è la cosa più semplice immaginabile. Sotto questo cielo si fanno le più interessanti osservazioni. Ho fissato con tutta evidenza e fuor d'ogni dubbio il punto ove sta celato il germe; anche tutto il resto lo vedo in massa, e solo mi rimangono ad accertare con precisione alcuni punti. La pianta-tipo è la cosa più singolare del mondo, e la natura ella stessa ha da invidiarmene la scoperta. Con questo tipo, e colla chiave per usarne, devonsi poter creare piante all'infinito, piante per così dire razionali, cioè, che se anche non esistono, possono però esistere, e non sono mere larve e apparenze pittoriche o poeti che, ma che hanno una verità e necessità intrinseca e propria. Non si avrà che ad applicare a tutto ciò che ha vita la stessa legge". Vol. cit., pag. 237, 238.
Della quale generalizzazione o più vasta applicazione del suo prediletto principio si ha testimonianza nei suoi libri di ricordi (Jahres-und-Tages Hefte), ove appunto sotto l'anno 1790, accennando ad altro suo saggio in argomento di osteologia, riferiva questa conclusione: "Io era pienamente convinto che un tipo universale, sviluppandosi per via della metamorfosi, pervadeva tutti gli esseri organici, lasciandosi benissimo osservare in tutte le loro parti a certi punti incidenti; ed essere pure discernibile anche quando nel più alto stadio dell'umanità si ripara ritroso all'ombra del mistero". Op. cit., vol. 31, pag. 16.
E altrove, sotto la stessa data, parlando nuovamente della metamorfosi in ispecie nelle piante: "Mi riuscì manifesto che in quello stesso organo della pianta, che noi sogliamo chiamare foglia, sta il vero proteo che ha facoltà di occultarsi e di rivelarsi sotto tutte le forme. In tutti i gradi di vegetazione la pianta non è mai altro che foglia, col futuro germe incorporatovi così intima-



mi applicassi a fare della botanica uno studio seguito.
Poesia, arti, antichità, ciascuna di esse mi reclamava esclusivamente, e in tutta la mia vita io non ho mai passato giorni più laboriosi, più intensamente occupati.
Agli stessi botanici di professione parrà troppo se io dico, che ogni giorno, in ogni giardino, nelle mie passeggiate, in brevi gite di divertimento, io mi arrestava a raccogliere qualsiasi pianta mi dava nell'occhio. Soprattutto essendo quella la stagione della maturanza dei semi, era per me cosa interessantissima di osservare il modo della loro germinazione dal terreno. Così esaminai attentamente il germogliare del Cactus opuntia, il quale nel successivo suo sviluppo appare informe, e mi compiacqui in vedere che si manifestava semplicemente come un dicotiledone in due fogliuzze, e che nella progressiva sua cresciuta riusciva poi in un abortivo moncone.
Un fenomeno singolare mi occorse in ispecie riguardo alle capsule seminifere. Avea portato a casa e riposto in una cassetta aperta alcune capsule dell'Acanthus mollis. Qualche tempo dopo udii di notte uno scoppiettare seguito immediatamente dalla proiezione di una quantità di corpicelli contro le pareti e la soffitta.



mente che non si può concepire l'una senza l'altro". Volume 29, pag. 45.
E non si mostra meno passionato pel suo sistema di lì a qualche anno: quando sotto la data di novembre 1792 così si esprime:
"Essi (alcuni amici) hanno fatto ben poca attenzione al Saggio sulla metamorfosi delle piante già stampato da oltre un anno; ed allorchè io sviluppai loro nel miglior ordine e, per quanto mi parve, nel modo più convincente le mie idee morfologiche, dovetti accorgermi che prevaleva tuttavia il gretto e volgare pregiudizio: nulla poter essere in futuro, se non sia già in presente. Ed anche mi toccò sentire: che tutto ciò che ha vita, viene ab ovo; al che non potei tenermi dal rimbeccarli col noto quesito: quale dunque fra i due preesisteva, la gallina o l'uovo?
Tanto pareva loro plausibile la teoria dell'implicamento (emboîtement), e trovavano così ortodosso di contemplare la natura con Bonnet!". Campagna in Francia. Opere complete vol. 30, pag. 198.
(Note del Trad.)


A tutta prima non sapeva indovinare che fosse, ma poscia trovai le mie capsule scoppiate, e i semi dispersi; la temperatura secca della stanza avea precipitato la maturanza sino a quel grado di elasticità.
Tra le molte sementi, sulle quali feci le mie osservazioni, parlerò di alcune, la cui durata di vegetazione, qual più, qual meno lunga, si lega alle mie reminiscenze di Roma. I grani di pino si aprono in modo veramente mirabile: si sollevano, come chiusi in un uovo, ma ben presto gettano via questo involucro, e in una corona di aculei verdi mostrano già i principii della loro futura organizzazione. Prima del la mia partenza piantai uno di questi embrioni di albero già sviluppato fino ad un certo grado nel giardino di mad. Angelica,(1) ove indi a qualche anno, giunse ad una considerabile altezza. Debbo alla cortesia di alcuni viaggiatori di aver avuto di quando in quando notizie di quest'albero, sino a che, morta mad. Angelica, il nuovo proprietario della casa trovò che quel pino era venuto mal a proposito nelle sue aiuole di fiori, e lo estirpò.
Ebbero sorte migliore alcune palme, di cui avea piantato i noccioli, ed osservatone lo sviluppo su parecchi esemplari. Io ne feci dono ad un mio amico in Roma, che le piantò in un giardino, ove prosperano ancora, secondo me ne accertò un illustre viaggiatore. Esse sono cresciute all'altezza di un uomo. Auguro che non divengano incomode al possessore, e che possano ancora crescere e prosperare.
Se la propagazione per mezzo dei semi, di cui finora ho parlato, mi appariva importante, non meno interessante ebbi a riconoscere quella che si effettua per via delle gemme. Principale occasione a questo secondo genere di osservazioni mi diede il consigliere Reifenstein, il quale in tutte le sue passeggiate, strappando qua e là dei ramoscelli, sosteneva fino alla pe-


(1) Madama Angelica Kauffman celebre pittrice in Roma. (1741-1807 N.d.C.)



danteria: che essi, piantati in terra, doveano senz'altro seguitare a crescere. Come prova irrecusabile egli mostrava di simili talli, che prosperavano nel suo giardino. E di quanta utilità non furono in seguito pel commercio dei prodotti botanici questi modi di moltiplicazione generalizzati; utilità di cui egli sgraziatamente non potè essere testimonio!
Ma quello che più mi sorprese, fu un garofano, che si era sviluppato in altezza a guisa di un cespo. Si sa qual forza vitale e riproduttiva abbia questa pianta; lungo il suo stelo le gemme si addossano alle gemme, i nodi s'incastrano gli uni negli altri: nel garofano, di cui parlo, questi fenomeni si manifestavano nel massimo grado, sì in riguardo alla loro durata, ed alla vicinanza quasi indiscernibile tra gemme e gemme, come al massimo possibile loro sviluppo, a tal segno che, di mezzo a un fiore compiutamente formato, si vedevano sortire quattro altri fiori non meno perfetti di quello.
In mancanza d'altro modo per conservare questa portentosa produzione, presi l'espediente di disegnarla con tutta esattezza; il che mi porse mezzo di penetrare più addentro nell'idea madre della metamorfosi. Ma le troppe occupazioni e distrazioni non mi consentivano di abbandonarmi a questi studi; ed il mio soggiorno a Roma, di cui vedeva avvicinarsi il termine, mi si rendeva sempre più angustiante e laborioso.
Queste idee continuarono ad accompagnarmi nel mio ritorno, durante il quale io ne venni preparando in mente un'esposizione ordinata, che appena rimpatriato stesi e feci stampare. Essa venne in luce nel 1790, ed era mia intenzione di farle tener dietro più estese illustrazioni col corredo di corrispondenti tavole. Ma gli incidenti di una vita sempre agitata interruppero e distornarono i miei buoni proponimenti. L'occasione pertanto, che ora mi si porge, di far ristampare questo saggio, mi riesce ancor più grata, come prova dell'interessamento che ottenne da quarant'anni questo nobile studio.

Dopo avere nelle precedenti pagine cercato di far conoscere, per quanto poteva, come abbia proceduto ne'miei studi botanici per una parte considerabile della mia vita, chiamatovi, strascinatovi, e direi quasi costrettovi da una irresistibile propensione; potrebbe pur essere che qualche lettore, anche benevolo, trovasse a ridire perchè mi sia troppo fermato su minuzie e particolarità personali; quando io debbo anzi dichiarare che lo feci avvertitamente e con intenzione, affinchè mi fosse permesso, dopo tante particolarità, di farmi strada a qualche cosa di più generale.
È già oltre mezzo secolo che nella Germania e fuori io sono conosciuto come poeta; ma comunemente non si sa del pari, o non fu abbastanza considerato, che io mi sia dedicato a studiare di proposito la natura ne suoi generali fenomeni fisici ed organici, e che nella solitudine e nel silenzio abbia fatto con perseveranza e passione un corso di serie meditazioni in questo genere di studi.(1) Quindi è, che allorquando il mio saggio intorno alle Leggi dello sviluppo delle piante pubblicato in tedesco già da quarant'anni, allorquando, dico, questo saggio fu meglio e più generalmente conosciuto, massime nella Svizzera ed in Francia, si fece gran meraviglia come un poeta, abituato ad intrattenersi esclusivamente dei fenomeni morali, degli affetti e delle passioni dell'animo, avesse potuto sortire anche per un momento dal suo cammino, e fare, per così dire, di volo una scoperta così importante.
Tutta questa esposizione è intesa appunto a rettificare siffatta erronea opinione, col far conoscere come


(1) Veggansi nella raccolta delle sue opere le tracce dei suoi studi sulle scienze naturali, sulla metereologia, sulla mineralogia, sulla geologia, sulla osteologia, e soprattutto la grande opera della Teoria dei colori, la cui composizione lo occupò per tutta la vita, e sulla quale faceva fondamento per immortalare il suo nome. Vedi anche :"Ekerman, Gespräche mit Goethe; Lipsia 1837, vol. 1, pag. 154. (Nota del Trad. )


io abbia trovato modo di consacrare buona parte del la mia vita con predilezione e passione allo studio della natura.
Non è dunque per uno slancio singolare di mente, non per una improvvisa spontanea ispirazione, ma sibbene per effetto di un assidua applicazione, che io sono finalmente arrivato ad un sì importante risultato.
Ben avrei potuto assaporare in pace e compiacermi del vanto di perspicacia che mi vollero attribuire; ma come in fatto di ricerche scientifiche è del pari dannoso di attenersi esclusivamente all'esperienza, che di abbandonarsi intieramente alla teoria, credetti debito mio di presentare ai conscienziosi osservatori l'andamento storico dei miei studi con tutta quella precisione che tornava possibile ed opportuna.







APPENDICE II   


INFLUENZA DI QUESTO SCRITTO

E

Sviluppo ulteriore dell'idea che vi si trova esposta.

1 8 5 0.



La positiva intenzione da me enunciata alla fine del mio Saggio sulla metamorfosi delle piante, non solo di continuare queste geniali ricerche, ma ben anche di dare esatta contezza agli amatori della scienza del risultamento delle mie ulteriori osservazioni, una tale intenzione fu tergiversata, anzi mandata a vuoto dalle agitazioni dei sopravvenuti tempi. Ben più; attualmente mi riescirebbe pur anche difficile di dare un'adequata relazione dell'influenza che ebbe l'idea da me esposta in quel Saggio, e con qual sorte sia più volte stata rimessa in campo sino al giorno d'oggi.
Quindi io dovetti ricorrere ad amici scienziati, e pregarli di mettermi a parte di ciò che nel corso del loro studi fosse venuto a loro notizia su questo argomento. Ma siccome in tal modo io andai debitore a diverse persone di varie informazioni, e che mi trovai nella necessità di ravvicinare le indicazioni da esse fornitemi su dati punti, mentre poi mi tornava affacente di servirmi delle loro stesse espressioni; da tutto ciò ne venne che la presente appendice dovette prendere una forma aforistica; il che pure non tornerà a suo svantaggio, potendosi così riconoscere con maggior precisione quanto fu arrecato su questo campo, anche isolatamente e senza viste sistematiche. Le notizie fornite da altri verranno quindi contraddistinte con asterischi e con parentesi.



Il primo, cui comunicai qualche cosa dei miei pensieri e dei miei tentativi, fu il dott. Batsch; egli afferrò l'insieme secondo la sua maniera di vedere, e la sua opinione non fu sfavorevole al mio lavoro. Sembra però che l'idea della Metamorfosi non abbia sostanzialmente influito sugli ulteriori suoi studi, sebbene suo principale oggetto fosse di distribuire e ordinare per famiglie il regno vegetale.



Del saggio sulla Metamorfosi parlarono favorevolmente:
Gli annunzi letterari di Gottinga, febbraio 1791.
La gazzetta letteraria di Gotha, aprile 1791.
La biblioteca universale tedesca, vol. 116, pag. 477.



Nelle mie frequenti corse e permanenze a Jena io m'intrattenni ripetutamente su tutti i punti scientifici che avevano per me qualche importanza cogli uomini distinti, che soggiornavano in quella città. Fra questi il consigliere dott. Giovanni Cristiano Starke, valente medico pratico, persona di spirito ed abile osservatore, prese molto interesse alla cosa. Secondo il piano accademico la cattedra di botanica era di sua competenza, ma solo nominalmente, come appartenente al secondo grado della facoltà medica, senza ch' egli si fosse mai occupato di questo ramo. La parte utile delle mie vedute non isfuggì però alla sua perspicacia; anzi egli seppe sì bene classificare secondo il mio metodo le cognizioni che già possedeva su questo regno della natura, che, un po' sul serio, un po' quasi per celia, fu tentato di giustificare il suo titolo nominale di professore, aprendo un corso di botanica, che non mancò di annunciare nel programma dei corsi pel semestre d'inverno 1791 in questi termini: Publice introductionem in Physiologiam botanicam eac principiis Perill. de Goethe tradet . Io non mancai di somministrargli, metodicamente disposti, i materiali che possedeva sotto questo aspetto in disegni, stampe e piante essiccate, talché egli trovossi in istato di dare dell'interesse alle sue lezioni, e di compierle con buon successo. Quali frutti abbia portato questo seme, io nol so; ma per me quest'esperimento ebbe il vantaggio di persuadermi che le indagini, alle quali mi era dedicato, potrebbero nel tratto successivo condurre ad utili applicazioni.



Intanto che l'idea della metamorfosi poco a poco si diffondeva nella scienza e nella letteratura, io aveva già avuto nell'anno 1794 il piacere d'incontrarmi in un pratico appieno iniziato in questo patente mistero della natura.
Il provetto giardiniere di corte a Dresda I. H. Seidel, da me richiesto, mostrommi diverse piante, che, vedute da me sopra disegni, avevano attirata la mia attenzione in quanto rivelavano chiaramente i fenomeni della metamorfosi. Io però mi astenni dal manifestargli il motivo della mia dimanda. Se non che, al presentarmi alcune delle piante che gli avea richieste, egli mi disse sorridendo: Capisco bene a che scopo; e di tali esempi ne potrei dare degli altri, ed ancor più rimarchevoli. Ciò avvenne infatti a reciproca nostra soddisfazione e meraviglia; dal canto mio, perche vedeva, che con una pratica diligente e con una lunga esperienza egli si era abituato ad osservare questo grande principio nelle più svariate produzioni della natura; da parte sua, perchè riconobbe, che, sebbene non professo in questo studio, io aveva acquistato la stessa prerogativa mediante una insistente e scrupolosa meditazione.
Conversando insieme entrammo più avanti nella materia: ed egli confessò che con questa maniera di vedere era arrivato a formarsi un criterio su molte difficoltà, e nello stesso tempo a trovare delle felici applicazioni per la pratica.



* Per quanto possa questo saggio aver influito sull'andamento della scienza in Germania offre una questione difficile a risolvere in modo soddisfacente, sino a che la gara delle opinioni non sia calmata, e che i contendenti siansi formato un concetto preciso della questione, parendomi allo stato delle cose che l'idea della metamorfosi abbia acquistato dei partigiani, che neppur se ne addanno, mentre altri proclamano la nuova dottrina senza troppo conoscere di che parlano. *



Nulla di più difficile per un'idea nuova in materia scientifica, che di giungere al punto di maturità che è necessario per insinuarsi nell'insegnamento, e ricevere così in qualche modo una vera vitalità. Osserviamo ora più specialmente i graduali suoi progressi. (Il dott. Federico Sigismondo Voigt adottò queste ricerche per base delle sue lezioni botaniche per l'anno 1803, e ne fece menzione anche nella prima edizione del suo dizionario botanico stampato nel medesimo anno. Nel 1808 dedicò nel suo Sistema di Botanica un intiero capitolo alla compiuta esposizione di quell'opera.)



*A quell'epoca medesima un'adesione pronunciata ed una felice applicazione dell'idea della metamorfosi ad instaurazione, per così dire, della scienza, trovasi negli Aforismi, di Kieser, sulla filosofia delle piante, dell'anno 1808. Ivi, a pag. 61, dopo essersi parlato della Prolessi di Linneo si dice: "Göthe con una particolare sagacità ne ha dedotto una teoria sulla metamorfosi delle piante, che è quanto di più comprensivo è stato da una cert'epoca detto sulla fisiologia speciale delle piante". Questo scritto, che si lega alla filosofia di Schelling, non vuol essere giudicato colle idee che in oggi si hanno. A suoi giorni fece impressione, e a buon diritto, poiché esso è ricco di vedute originali e profonde, attinte immediatamente dalla natura.*



(Nell'anno 1811 F. S. Voigt pubblicò una memoria intitolata Analisi del frutto e del seme, ec., nella quale lascia già trasparire il suo malcontento, perchè sin allora nessun botanico volesse concorrere in quel principio. Ecco le sue parole, pag. 145: "Intendo par a lare dell'irrecusabile teoria della Metamorfosi delle piante di Göthe (a piè di pagina è citato il presente saggio), stata ancora rigettata da taluni, unicamente per ispirito di opposizione: teoria, nella quale con esempi d'ogni sorta si dimostra, come la pianta, cominciando coll'espandersi e progressivamente contraendosi, viene a compiersi negli organi superiori, i quali non sono altro, come si è detto, che gli identici organi, di più in più perfezionati, prendendo anche colori diversi, mediante la ripetizione del medesimo atto di formazione, ec. --" " -- L'osservazione della metamorfosi si limita essenzialmente nel sistema dei fiori al modo con cui le foglie si trasformano. Ma già fin dal primo sviluppo della pianta, il celebre inventore di questo sistema ci ha resi attenti ad un'altra formazione, quella cioè dei nodi, ec. )



(Altro assentimento al nostro principio ci si presenta nel 1812 in un libro, che, a dir vero, fuori di quel principio mancherebbe di essenza e di base; intendo l' opera di G. F. Jager: Sulle mostruosità dei vegetabili. Ivi, a pag. 6, è detto: - Nelle due specie di propagazione, lo sviluppo ulteriore del nuovo individuo tiene presso a poco l'istesso andamento; an damento che consiste in generale in una formazione progressiva continua, cominciando dagli organi primitivi sino al fiore, il quale, sebbene costituisca un tutto individuale, lascia nondimeno riconoscere nella struttura de suoi organi la propria affinità coi rimanenti organi, a tal che tutti sembrano ugualmente prodotti gli uni dagli altri per via della metamorfosi; sul qual fenomeno noi andiamo debitori al sig. Göthe (citazione del presente saggio) di una più particolare dimostrazione, nella quale egli ha pure preso in considerazione casi speciali di mostruosità".)



* Non si sarà certamente dimenticato il modo con cui Schelver nel 1812 ha insistito sulla metamorfosi nella sua Critica del sistema dei sessi nei vegetabili, come anche la disputa che ne nacque, e che degenerò in una polemica accanita. Se il rispettabile autore di quello scritto non fosse stato altamente esacerbato sulle prime con disdicevoli provocazioni, e poscia con mal ponderati encomi all'opera del suo allievo: se invece si fosse cominciato dall'intendersi sull'idea dell'individualità del vegetabile, dal che dipende tutto il resto, mentre il punto da cui partiva Schelwer era l'impossibilità dell'ermafrodismo dell'individuo; – io ritengo che la teoria della sessualità delle piante sarebbe stata salvata, perfezionata e stabilita, e che il vento e gli insetti sarebbero stati messi da parte, supplendovi ad abbondanza il sistema della metamorfosi. Nondimeno lo stesso modo con cui fu condotta la disputa non poteva a meno di occasionare dei frequenti richiami al sistema della metamorfosi; e questo bastava già per acquistarle dei proseliti tra gli stessi avversari di Schelwer. Uno di essi è il giovane Autenrieth.*



* La nuova filosofia tedesca da una parte, e dall'altra il metodo naturale che andava grado a grado introducendosi nel regno vegetale, contribuirono moltissimo senza dubbio a far strada tra noi alla metamorfosi. Essa tornò a collegarsi allo studio della geografia delle piante, che dopo il ritorno di Humboldt era diventato lo studio prediletto dei botanici, e che è tanto inseparabile dal sistema naturale dei vegetabili, che il più tenace partigiano di Linneo, lo stesso Wahlemberg, si vide costretto di ricorrere almeno agli antichi Ordines naturales di Linneo.*



*Un'influenza permanente ebbe l'opera di Kieser: Mémoire sur l'organisation des plantes (1814), del pari che il compendio in tedesco di questo gran lavoro (1815). Anche secondo questi scritti risulterebbe, che la metamorfosi non è già una semplice sopravvenienza sullo stelo già formato, sibbene il fondamento e l'anima dell'insieme; e siccome in tali scritti viene seguito il metodo sperimentale dell'osservazione, così il caratteristico della scuola, cui appartiene l'autore, riesce meno implicante pei seguaci di altri sistemi. E ben vero che in Francia non si è fatta attenzione a Kieser se non da poco tempo, cioè dopo che Dutrochet ed altri rovesciarono la dittatura del suo antagonista Brissot-Mirbel. Ma in Germania ottenne in breve tale autorità, che Treviranus e i pochi altri che eransi tenuti sin allora indipendenti non poterono propagare i loro principi che poco a poco, malgrado i manifesti errori di Kieser. Nello stesso manuale di botanica di Nees di Esenbeck per l'anno 1820 gli scandagli anatomici di Moldenhawer, Treviranus e altri sembrano preteriti in confronto a quelli di Kieser.*



*A quest'epoca Nees di Esenbeck cercò di estendere il dominio della metamorfosi nella botanica sotto un altro punto di veduta. Egli pretese riscontrare la metamorfosi sino nei vegetabili più semplici e privi di foglie (Le conserve d'acqua dolce, 1814. – Sistema dei funghi, 1815), e disporli in serie secondo le loro gradazioni. Il manuale di botanica da lui in seguito pubblicato poggia sugli stessi principi fondamentali, i quali, se non coincidono con quelli enunciati prima da Göthe, vi si accordano però bastevolmente, e vi furono attinti, come egli medesimo confessa.
Egli ha inoltre esercitato una grandissima influenza colla accurata redazione degli Atti dell'Accademia Leopoldina-Carolina, colla parte attiva che prese al giornale botanico di Ratisbona e ad altri giornali, col pubblicare e tradurre le opere di Brown, col carteggio e coll'insegnamento orale; talchè moltissimo si deve a quest'uomo distinto nell'aver contribuito a diffondere questo modo di considerare la formazione delle piante, modo consentaneo non meno alla ragione che alla stessa natura.*




(Federico Sigismondo Voigt procede senza riservesulle tracce del nostro sistema nei suoi Principi di storia naturale (anno 1817 e seguenti), ed a faccia 433 dà in parecchie pagine una libera esposizione del presente Saggio, rendendola più evidente colla figura incisa dell'Helleborus faetidus.)



(Corrado Sprengel, nella sua Storia della botanica, 1818, vol. II, pag. 302, si esprime in questi termini:
"Goethe spiega lo svilupparsi degli organi vegetabili l'uno dall'altro colla massima chiarezza. (– Citazione del Saggio). Il loro sviluppo è preparato anticipatamente dalla contrazione delle forme: questa legge fondamentale della vegetazione Goethe la espone in un modo convincente del pari che istruttivo. Che i Nettari non siano per la più parte se non forme transitorie da petali a stami; che anche il pistillo e lo stimma si assimilino ai petali mediante un passo retrogrado, e provengano dai petali soltanto per via di contrazione; ciò si renderà manifesto, vedendo gli stami prendere la sembianza di petali allorchè questi non sortono, come in alcune specie di Thalictrum. Ben sentì quest'uomo perspicace che le mostruosità e il raddoppiamento dei fiori erano favorevolissimi alla sua teoria: quindi non lascia di giovarsene."
"La metamorfosi di Goethe aveva un senso così profondo, era così seducente per la sua semplicità, sì feconda di utili applicazioni, che non è maraviglia se diede argomento a ricerche ulteriori, sebbene taluni mostrassero di non curarsene. Uno dei primi ad adottare le idee di Goethe in un libro di istruzione fu Fed. Sig. Voigt, professore a Jena (Sistema di botanica 1808) Giovanni L. G. Meinecke offrì delle idee assai interessanti sull'affinità degli stami e delle corolle, come pure sui rapporti numerici, predominanti (Memorie della società di naturalisti di Halle, fascicolo I, 1809). Anche L. Ocken espose la teoria della metamorfosi nella sua Filosofia naturale" ).



(Nello stesso anno (1818) si incontra alla pag. 991 del giornale l'Iside una nota, di cui è probabilmente autore G. C. Vees di Esenbeck, intitolata: Della metamorfosi botanica; egli si fa strada storicamente al suo tema con queste parole: " Teofrasto fu il creatore della botanica moderna; Goethe ne è divenuto padre appassionato, ed a misura che questa nobile figlia, entrando nel fiore della sua gioventù, imparerà ad apprezzare la propria bellezza e le cure del padre, dovrà crescere per lui la sua riconoscenza ".
"Il Saggio per spiegare la metamorfosi delle piante di G. V. Goethe; Gotha, presso Ettinger 1790 (continua l'autore della nota) acquista per noi maggior interesse ora che è comparso il primo fascicolo di una nuova serie periodica di scritti scientifici, che porta il titolo generico: Zur Naturwissenschaft überhaupt, ec."(1).



(Il dottore H. F. Autenrieth nella sua Disquisitio quaestionis academica de discrimine secuali jam in se minibus plantarum dioeciarum apparente, praemio regis ornata; Tubingae 1821, 4, si mostra al fatto della dottrina della metamorfosi, e ne fa la seguente menzione a pag. 29: "Rationem qua in hac planta (cannabi sativa) utriusque sexus genitalia formata sunt, cum, quod et Goethe jam olim edixerat, plane confirmaretur,


(1) Intorno alle scienze naturali in generale, ec.


memoratu haud indignam credidi, quippe qui tam antheras quam germina cum stylis ex foliolis calycinis componi vidi ").

(La ragione per la quale in questa pianta (cannabis sativa) si formarono i genitali dei due sessi, quando fu chiaramente confermata, come Goethe aveva da tempo pubblicato, la ritenni non indegna di menzione, poiché vidi sia le antere che i germogli composti con stili dalle foglie del calice.) (N.d.C.)



Il dott. Ernesto Meyer, attualmente professore ordinario nell'Università di Königsberg e direttore di quel giardino botanico, è un antico partigiano di questa teoria. Noi avremmo potuto già farne menzione; qui però torna meglio opportuno per ragione di date.
Io non ebbi la sorte di conoscerlo personalmente, ma la parte ch'egli prese sin da principio alle mie vedute mi fu d'incoraggiamento.
Se ne vegga la prova nel I fascicolo del II volume del giornale di Goethe Sulle scienze naturali, ed in particolare sulla morfologia, 1822 (1).
A pag. 28 si troveranno alcuni problemi concernenti l'organismo in generale, e il regno vegetale in particolare, che l'editore propose al suo perspicace amico. Ad essi tien dietro (pag. 31) la ingegnosa risposta di lui. Le cose dette da una parte e dall'altra potranno in seguito trovarsi feconde di vedute, e offrir materia ad ulteriori osservazioni.
Egli poi, senza aver trattato specialmente ne suoi scritti della metamorfosi, ne ha notabilmente promossa la diffusione da parecchi anni, in ispecie coll'insegnamento. Ne fa prova l'opera di uno dei suoi allievi, della quale passiamo a parlare.



*L'opera di Röper: Enumeratio Euphorbiarum è una di quelle, in cui si parla poco della metamorfosi, ma ove il tema è compiutamente trattato secondo questa


(1) L'istessa pubblicazione di sopra citata col titolo: Zur Maturwissenschaft Überhaupt, ec.


idea, preparandole così più facile accoglienza da coloro medesimi che tengono ad un diverso sistema. Lo stesso argomento era altronde più di qualunque altro suscettibile di essere maneggiato con un tal metodo. Richard, il vero autore della Flora borealis-americana di Michaux, avea già indicato in quest'opera, che ciò che Linneo ravvisa nell'Euforbio come fiore isolato, poteva riguardarsi come un apparecchio florale o flos compositus, il supposto pistillo, come un fiore femmineo centrale; i così detti stami articolati, come un verticillo di fiori maschi terminanti gli steli; la corolla, come un involucro, ec. Roberto Brown, del pari che Röper, studiossi poi di confermare quella spiegazione per via di confronti colla struttura e collo sviluppo di specie affini, e soprattutto giovandosi pel suo assunto di buon numero delle più strane mostruosità.*



(Nell'anno 1823 comparve un'eccellente opera: Lud. Fr. Friedländeri de institutione ad medicinam libri duo, tironum atque scholarum causa editi . Dopo aver tracciato ingegnose norme per uno studio ben approfondito della medicina, egli dedica parecchi paragrafi alla botanica, e nel LXII, a pag. 102, dice: "Vegetabilis igitur vita nihil plane liberi et voluntarii exhibet, sed automate videtur et incrementi tantum studiosa, quod modo partium expansione, modo contractione, ita perficitur, ut e germine diducto et radicis fibrillis truncus succrescere, in folia expandi, tum in calicem, florem, petala, sexuales partes atque fructum possit conformari.")



*Oggimai è moda di consacrare alla metamorfosi un breve capitolo in tutti i libri elementari di botanica, che si vanno già di troppo moltiplicando. Quel principio per altro, che dovrebbe fecondare e vivificare la scienza tutta intiera, non può impunemente storpiarsi a questo modo. Ma non occorre fermarsi su questa sorta di libri che non vengono adoperati fuorchè dai principianti per rintracciarvi a quando a quando qualche termine scientifico, di cui abbiano bisogno.*



H. F. Link: Elementa philosophiae botanica. Berolini, 1824. Così l'autore a pag. 244.
"Metamorphosin plantarum optime Goethe exposuit. Plantam sistituti alternationem expansionis et a contractionis. Flos in genere contractionis momentum constituit. Sed dum in calyce contractio regnat, iterum expanditur corolla, staminibus, antheris et polline rursus et maxime contractis, pericarpio denuo expanso, usque ad summam embryonis contractionem. Haec naturae oscillatio non solum in Mechanicis, pendulo scilicet, undis etc., sed quoque in corporibus vivis, vitaeque periodis animadvertitur ".

"Goethe ha splendidamente esposto la metamorfosi delle piante. Egli presenta l'alternanza tra espansione e contrazione nelle piante. Il fiore rappresenta il momento di contrazione in generale. Ma mentre nel calice prevale la contrazione, la corolla si espande nuovamente, così come gli stami, le antere e il polline, contratti nuovamente, e il pericarpo si espande di nuovo, fino alla massima contrazione dell'embrione. Questa oscillazione naturale non si osserva solo nelle macchine, ad esempio nei pendoli, nelle onde, ecc., ma anche nei corpi viventi e nei periodi della vita." (N.d.C.)

Questo apparente elogio dei nostri tentativi doveva sembrarci equivoco, se, laddove conveniva specialmente parlare di forme e di trasformazioni, non si accenna che l'ultima e finale astrazione spoglia di forme, ed una vita in sommo grado organica viene assimilata a fenomeni generali della natura onninamente privi di forme e di corpo.
Ma quella prima incertezza si volse per noi in vera dispiacenza quando in un più attento esame di quell'opera dovemmo riconoscere, che le surriportate espressioni vi stavano come intruse, e diventavano affatto insignificanti. Imperocchè l'autore adopera la parola metamorfosi sin dal principio del suo libro ed altrove (veggasi l'indice) in un significato totalmente diverso da quello, nel quale fu usata da noi e da altri, anzi in un senso ch'ella non dovrebbe mai avere, e che non le può convenire. Come intendere infatti le parole a pag. 152, 97. Hoc modo nulla fit metamorphosis? Inoltre egli vi aggiunge sempre una così detta Anamorfosi; il che ne rende incerto il vero significato.
Il peggio poi si è ch'egli cerca di ricondurre fino alla inammissibile prolessi di Linneo, la formazione essenziale e finale in fiori ed in frutti; per il che gli bisognano non una sola, ma una dozzina di prolessi; ed è poi obbligato di attenersi ad alberi di lunga durata per far conto sui bottoni dell'anno seguente; al qual proposito è condotto ad ingenuamente confessare: Ut prolepsis oriatur ligno robusto opus est; pagina 246, 150.
Ora come va la cosa colla pianta annuale che non ha nulla da anticipare per gli anni avvenire?
Qui, replichiamo noi, per mezzo di una rapida metamorfosi quest'essere di una transitoria esistenza, la pianta destinata ad una vicina distruzione, trovasi in condizione da provvedere a centinaia e migliaia di in dividui che al pari di lei avranno un' esistenza passeggera, ma altresì al pari di lei fruttificheranno al l'infinito. Non si dovrebbe quindi chiamarla una prolessi del futuro vegetabile, sibbene una prodosi della liberale natura; espressione più esatta, e che sarebbe insieme istruttiva e consolante.
Ma tanto basti; ed anche di troppo. Anzichè combattere l'errore, dovrebbe bastare indicarlo.



In questa serie di autori possiamo pure gloriarci di un nome celebre, quello di Roberto Brown. È una particolarità di quest'uomo insigne, l' essere molto sobrio nel citare le verità fondamentali della sua scienza, nell'atto stesso che ciascuno de suoi lavori dà a divedere quanto gli siano famigliari. Da ciò l'accusa di oscurità ne suoi scritti. Anche intorno alla metamorfosi egli non si è compiutamente pronunciato in nessun luogo. Una volta sola, e per occasione in una nota ad una sua memoria sulla Rafflesia, dichiara, ch'egli considera tutte le parti del fiore come foglie modificate, e cerca di spiegare con questo principio la formazione delle antere.
Queste parole, lasciate, per così dire, cadere dal più gran botanico dei nostri tempi, non sono rimaste infruttuose; anzi hanno prodotto grandissimi effetti massime in Francia. In ispecie Aubert de Petit-Thouars, che egli cita come un apologista di questa teoria, sembra dovere a questo e a qualche altro elogio di Brown il credito, di cui gode al presente in Francia, e che il merito de suoi lavori non avrebbe bastato da solo a procurargli dallo spirito di prevenzione dei suoi compatriotti.



A. P. Decandolle, Organographie vegetale, 2 tomes, 1817. Paris.
Amiamo di riferire colle parole di un altro scrittore in qual modo quest'uomo insigne sia intervenuto nella questione ; il nostro traduttore Gingins-Lassaraz così si esprime nell'introduzione storica da lui premessa alla Metamorfosi:
"Mais, dans l'intervalle, un célèbre botaniste, sans a connaitre l'ouvrage de Goethe, guidé par une supériorité de talent dont il ne m'appartient pas de juger tout le mérite, s'appuyant sur une étude profonde du règne végétal et sur une masse considéderable de faits et d'observations, exposa en 1813, dans sa théorie élémentaire, les principes de la symétrie des organes et l'histoire de leurs métamorphoses, qu'il nomma degenérescences. Fondée sur des bases aussi solides, cette théorie, loin d'avoir le sort de l'ouvrage de Goethe, ne pouvait manquer de faire faire de nombreux et rapides progrès à l'étude naturelle et philosophique des végétaux, et cet ouvrage vient d'être complèté par la publication de l'Organographie végétale, qui résume toutes nos connaissances actuelles sur les organes des plantes".

"Ma nel frattempo, un famoso botanico, senza conoscere l'opera di Goethe, guidato da un talento superiore, del cui merito non spetta a me giudicare, basandosi su uno studio approfondito del regno vegetale e su una vasta massa di fatti e osservazioni, espresse nel 1813, nella sua teoria elementare, i principi della simmetria degli organi e la storia delle loro metamorfosi, che chiamò degenerazioni. Fondata su basi così solide, questa teoria, lontana dal destino dell'opera di Goethe, non poteva fare altro che portare a numerosi e rapidi progressi nello studio naturale e filosofico delle piante, e questo lavoro è stato appena completato dalla pubblicazione dell'Organografia vegetale, che riassume tutte le nostre attuali conoscenze sugli organi delle piante." (N.d.C.)



P. J. F. Turpin. Da quest'uomo distinto che si è reso celebre come botanico istrutto e come esattissimo disegnatore, non solamente di piante compiute, ma ben anche dei loro primordi microscopici, noi abbia mo preso il motto posto appiè della prima tavola del vol. XIX delle Memorie del Museo di Storia naturale 183o, motto che godiamo di qui ripetere come particolarmente caratteristico.
"Voir venir les choses est le meilleur moyen de les expliquer". Inoltre egli dichiara altrove: "l'organisation générale d'un étre vivant et celle de ses organes en particulier ne peuvent s'expliquer qu'autant que l'on suit pas à pas le développement successif de cet ètre, depuis le premier moment de sa formation apparente jusqu'à celui de sa mort".

"Vedere venire le cose è il miglior modo per spiegarle (...). L'organizzazione generale di un essere vivente e quella dei suoi organi in particolare non possono essere spiegate se non si segue passo dopo passo lo sviluppo successivo di questo essere, dal primo momento della sua formazione apparente fino a quello della sua morte. " (N.d.C.)

E questo pure è un punto essenziale della professione di fede scientifica di chi, fra i Tedeschi, si occupa seriamente di studiare la natura.
Un disegnatore che abbia occhio esercitato, dovendo riprodurre tal quali le differenze che presentano gli oggetti che sta copiando, non tarderà ad osservare in progresso di lavoro, che gli organi di una identica pianta non diversificano gli uni dagli altri in modo assoluto. Egli riconoscerà la gradazione da un organo all'altro e il loro sviluppo progressivo, e gli sarà facile di rappresentare alla vista con tocchi delicati la serie di esseri affini, sempre somiglianti e sempre variati tra loro.
La lingua francese tra le altre parole invidiabili per una certa forza espressiva, ha il vocabolo s'acheminer; sebbene in origine non dovesse significare che porsi in via, pure questa ingegnosa nazione comprese, che ogni asso che il viaggiatore fa ha un'altra importanza, un'altra significazione che il passo precedente ; perché in una via ben presa ogni mossa contiene un vero ravvicinamento alla meta, d'onde è che la parola acheminement è tutta pregna di significato. Essa include l'idea del progredire, dell'approssimarsi nel senso più esteso (1).
L'egregio Turpin ha avuto frequenti occasioni di applicare i detti principi nella massima loro portata alle piante, non solo con studi scientifici approfonditi, ma altresì nel farne accurati disegni; ed egli renderebbe il più gran servigio alla botanica se si determinasse ad impiegare di proposito la sua abilità nel darci una compiuta rappresentazione figurata della metamorfosi delle piante.
È vero che i disegni annessi all'Organografia del profondo Decandolle ne contengono già dei saggi non meno rimarchevoli per la bella esecuzione, che istruttivi per lo studio; ma noi li vorremmo in serie più compiuta e adattata al nostro scopo, ritratti metodicamente e colla maggior possibile fedeltà dalla natura, e soprattutto resi più intelligibili col mezzo dei colori; il che, colle profonde cognizioni in botanica, che questo esimio artista possiede, e colla pratica già acquistata ne suoi primi lavori, non sarebbe per lui un'impresa troppo difficile.
Se la sorte ci avesse chiamato a vivere vicino a questo insigne artista, noi non cesseremmo di solleci-

(1) Abbiamo creduto di non ommettere questa specie di digressione dell'autore sull'estensione di significato di una parola, della quale sembra che l'autore stesso non abbia rintracciato un equivalente esatto nella propria lingua. In italiano però ci pare che i vocaboli avviarsi ed avviamento contengano appunto tutta quella gradazione di idee che viene qui attribuita alle corrispondenti parole francesi. (Nota del Trad.)

tarlo ogni giorno ad intraprendere un simile lavoro, al quale basterebbe il sussidio di un testo il più compendioso, e che servirebbe senz'altro di corrispondenza alla terminologia botanica ed alla sua copiosa nomenclatura, mentre nell'istesso tempo potrebbe stare da sé, dovendo in tal caso il linguaggio originale della natura riuscirne pienamente intelligibile così nei suoi elementi, come nelle sue applicazioni e nei suoi usi ulteriori.



(Nel 1827 comparve la seconda edizione del Manuale di botanica di F. S Voigt. A pag. 31 e seguenti l'esposizione della metamorfosi fu ristampata tal quale si trovava nella prima edizione, ma in modo che si lega più strettamente coi preliminari della botanica, e viene corroborata da molti esempi tratti da opere rare, e dalle sue proprie osservazioni.)



Botanica per le dame, ec., contenente una esposizione del regno vegetale nelle sue metamorfosi, di Luigi Reichenbach . Lipsia 1828.
L'autore, dopo avere esposto le teorie e il metodo di Linneo e di Jussieu, viene a parlare dei miei la vori, esprimendosi così:
"Goethe penetra profondamente collo sguardo nell'intima vitalità della natura ; il suo acume nel fare le osservazioni, le sue felici applicazioni dei fatti isolati in relazione al sistema; soprattutto la sua maniera originale di considerare la natura nel suo insieme, ci hanno fatto riconoscere distintamente nei suoi tentativi la terza direzione, che può tenere lo studio della storia naturale. In ispecie egli applicossi con tanta attenzione a contemplare il regno vegetale, ed a seguirne lo sviluppo ed i fenomeni, che a buon diritto può dirsi che egli scoprì nella sua gioventù i misteri delle Driadi, ma che gli convenne incanutire prima che le sue scoperte fossero comprese. A somma e ben meritata sua gloria egli venne maturando con tranquilla perseveranza il suo insigne scritto sulla Metamorfosi delle piante (Gotha 1790); scritto condotto con accurato spirito d'osservazione, del pari che fecondato da felici applicazioni. Questa metamorfosi, questo sviluppo della pianta, trasportato a tutto il regno vegetale, dà le norme per un ideale coordinamento e per una esposizione dei rapporti degli esseri viventi: rapporti che noi siamo destinati a studiare continuamente, senza mai poterli perfettamente avverare. Gli scritti di questo gran maestro non porgono che delle indicazioni, e per così dire dei presentimenti di questi arcani rapporti; l'appurarli e seguirli è lasciato a ciascuno secondo l'estensione a delle proprie idee, e secondo la misura delle proprie forze e della propria operosità".
Noi facciamo plauso al concorso ed agli sforzi di quest'uomo distinto, ed in conferma aggiungeremo, che un'idea, enunciata che sia, diventa di ragion comune; chi sa impadronirsene vi acquista un nuovo diritto di proprietà, senza taccia di plagio; egli se ne serve senz'altro, ed a suo modo e senza nemmeno pensarvi. Anzi con ciò ne prova l'intrinseco merito.
L'autore dedica la sua opera alle donne, agli artisti ed ai semplici dilettanti degli studi naturali; egli si lusinga di contribuire a promuovere la contemplazione del gran principio nella natura e le sue applicazioni alla vita pratica. Possa egli trovare nel buon esito la più bella delle ricompense!



Fogli letterari sulla botanica, vol. II, fasc. III. Norimberga 1829, pag. 427.
Nella Società Reale della Gran Brettagna a Londra il sig. Gilbert T. Burnett lesse tra le altre il 30 gennaio 1829 una lunga memoria sulla Metamorfosi delle piante. Il citato giornale non la riferisce che per estratto, e sarebbe desiderabile di averla sott'occhio per esteso. È ben vero che, a quanto pare, egli non coincide appieno colle nostre idee; tratta però il soggetto ponderatamente e con cognizione.



*Una traduzione francese del Saggio sulla metamorfosi delle piante eserciterà senza dubbio una vantaggiosa influenza. L'idea che vi domina si è risvegliata anche sulla riva opposta del Reno; Aubert de Petit-Thouars e Turpin (nel suo supplemento alle Leçons de Flore di Poiret) ne fanno prova. Ma ambedue, secondo me, sortono già dai veri limiti, e trovano poca simpatia tra i loro concittadini. E da sperare che l'esposizione più semplice e più naturale contenuta nel Saggio concilierà l'opinione di molti, e richiamerà molti altri entro i giusti confini.*



Essai sur la metamorphose des plantes, par J. W. de Goethe, traduit de l'allemand sur l'édition originale de Gotha (1790), par M. Fréderic de Gingins-Lassaraz. Genéve 1829.
Così il traduttore nella sua prefazione storica:
"Il existe deux manières fort différentes de considérer les végétaux: l'une, et c'est la plus ordinaire, compare entre elles toutes les plantes qui composent le règne végétal; l'autre compare entre eux les divers organes qui forment la plante, et l'observe comme un symptòme individuel de la vie végétale. La première de ces deux manières d'étudier les plantes nous conduit à la connaissance de tous les végétaux qui sont répandus sur le globe, de leurs rapports naturels, de leur mode de vivre, et de leur utilité. La seconde nous apprend à connaitre les organes de la plante, leurs fonctions physiologiques et le rôle qu'ils jouent dans son économie vitale. Elle étudie la marche des développemens et les métamorphoses que les parties peuvent subir; elle nous fait voir dans la plante un ètre qui nait, qui s'accroit, qui se reproduit et qui meurt. En un mot, l'une est l'histoire des plantes, et l'autre l'histoire de la plante".
"Cette dernière façon d'envisager les végétaux a reçu l'epithète de philosophique, parce qu'elle selie plus étroitement à la philosophie de la nature. Mais, en réalité, ces deux manières d'étudier les ètres sont inséparables; on ne saurait bien appréeier les rapports naturels des végétaux comparés entre eux, qu'en appréciant aussi à leur juste valeur les diverses apparences sous lesquelles les organes se déguisent à nos yeux; et d'un autre côté, la vraie nature des organes ne peut nous être dévoilée que par la comparaison des parties analogues dans un grand nombre de végétaux de différents genres".
"Ces considérations pourront faire accueillir la traduction de l'ingénieux Essai de Goethe sur la métamorphose des plantes, le temps et l'observation des faits ayant plus ou moins constaté la vérité desa théorie."
"Il était réservé à ce poète, connu par l'ingénuité et le naturel de ses productions littéraires, de porter sur le règne végétal le coup-d'oeil de son génie dégagé de toute prévention systématique, et de nous montrer la plante dans toute la simplicité de sa nature, exerçant dans le silence et le mystère la faculté de végéter, de fleurir et de se reproduir. Comprimant l'élan naturel de son imagination, le poète, appuyé sur un petit nombre d'exemples vulgaires, mais bien choisis, s'est imposé l'obligation de conduire ses lecteurs pas à pas par une route aussi simple quelumineuse, vers l'évidence des vérités dont il était pénétré. Aussi sa théorie est éminemment élémentaire, et très-propre à instruire et à convaincre ceux mèmes qui n'ont fait aucune étude approfondie des végétaux; et sous ce rapport, elle pourrait servir de modèle à ceux qui sont jaloux de rendre populaire la connaissance des ètres qui nous entourent".

"Esistono due modi molto diversi di considerare le piante: uno, il più comune, confronta tra loro tutte le piante che compongono il regno vegetale; l'altro confronta gli organi diversi che compongono la pianta e la osserva come un sintomo individuale della vita vegetale. Il primo di questi due modi di studiare le piante ci porta a conoscere tutte le piante diffuse in tutto il globo, le loro relazioni naturali, il loro modo di vivere e la loro utilità. Il secondo ci insegna a conoscere gli organi della pianta, le loro funzioni fisiologiche e il ruolo che svolgono nella sua economia vitale. Esso studia il corso dello sviluppo e le metamorfosi che le parti possono subire; ci fa vedere nella pianta un essere che nasce, cresce, si riproduce e muore. In breve, uno è la storia delle piante, e l'altro è la storia della pianta."
"Questo secondo modo di considerare le piante ha ricevuto l'epiteto di filosofico, perché è più strettamente legato alla filosofia della natura. Ma, in realtà, questi due modi di studiare gli esseri sono inseparabili; non si può apprezzare adeguatamente le relazioni naturali delle piante confrontate tra loro senza apprezzare anche il valore delle diverse apparenze sotto cui gli organi si presentano ai nostri occhi; e, d'altra parte, la vera natura degli organi può essere svelata solo confrontando le parti analoghe in un gran numero di piante di diversi generi."
"Queste considerazioni possono giustificare la traduzione dell'ingegnoso Saggio di Goethe sulla metamorfosi delle piante, il tempo e l'osservazione dei fatti hanno più o meno confermato la verità della sua teoria."
"È stato riservato a questo poeta, noto per la semplicità e la naturalezza delle sue opere letterarie, di gettare uno sguardo sul regno vegetale con la sua genialità libera da pregiudizi sistematici e di mostrarci la pianta nella sua semplicità naturale, esercitando in silenzio e mistero la facoltà di crescere, fiorire e riprodursi. Comprimendo lo slancio naturale della sua immaginazione, il poeta, basandosi su un numero limitato di esempi comuni ma ben scelti, si è imposto l'obbligo di guidare i suoi lettori passo dopo passo lungo un percorso altrettanto semplice quanto illuminante, verso l'evidenza delle verità che aveva interiorizzato. Ecco perché la sua teoria è eminente nell'essere elementare e molto adatta a istruire e convincere anche coloro che non hanno compiuto studi approfonditi sulle piante; e sotto questo aspetto, potrebbe servire da modello per coloro che desiderano rendere popolare la conoscenza degli esseri che ci circondano."
(N.d.C.)



J. P. Vaucher, Histoire physiologique des plantes d'Europe, ou exposition des phénomènes qu'elles présentent dans les divers périodes de leur développement, I fort vol. 8. Genéve 1830.
Veramente non parrebbe qui il luogo di parlare di questa importante opera, della quale abbiamo già molto profittato dopo la sua pubblicazione. L'autore, botanico circospetto, spiega i fenomeni fisiologici secondo vedute di teleologia, che non sono, né possono essere le nostre, sebbene noi non intendiamo di contrastare altrui la facoltà di usarne.
Siccome l'autore alla fine della sua introduzione si dichiara poco propenso per la dottrina, che il signor Decandole adotta ne' suoi scritti didattici per ispiegare lo sviluppo dell'organismo vegetale, e siccome rigetta nello stesso tempo la nostra teoria, che molto vi si approssima ; così prendiamo occasione di esaminare questi punti per verità assai delicati, Non possiamo a meno di compiacerci, che un uomo eminente come il sig. Decandolle riconosca l'identità di tutte le parti della pianta, e che inoltre dimostri con svariatissimi esempi che la loro mobilità vitale segue mediante movimenti progressivi o retrogradi, e così presentasi ai nostri occhi sotto un'infinita varietà di forme. Ma non possiamo assentire alla via che egli prende, per condurre gli studiosi di botanica all'idea fondamentale, dalla quale dipende il tutto. Secondo noi, egli non dovrebbe fissare nella Simmetria il suo punto di partenza, e meno poi presentare la teoria stessa sotto un tal nome.
Quest'illustre scienziato stabilisce per principio una certa regolarità predeterminata dalla natura, e a tutto quello che non vi coincide dà il nome di tralignamenti e di escrescenze, le quali velano e travisano quella regola fondamentale con aborti, sviluppi straordinari, atrofie, o finalmente coesioni di organi.
È appunto questa maniera di esprimersi che ha allarmato il sig. Vaucher, e non sapremmo dargli torto. Infatti in tal modo quella supposta intenzione della natura appare ben di rado adempiuta nel regno vegetale; noi vaghiamo d'eccezione in eccezione, senza mai trovare un terreno fermo ove posarci.
La Metamorfosi è un'idea più elevata, che domina nei casi regolari e negli irregolari, secondo la quale si forma la rosa semplice egualmente che la doppia, e che produce il tulipano regolare del pari che la più bizzarra delle orchidee.
Tenendo questa strada, tanto le produzioni normali quanto le anomale si spiegano all'occhio dell'iniziato; egli intravede quella esistenza perpetuamente mobile, d'onde viene la possibilità che le piante si sviluppino sì nelle più propizie, come nelle più sfavorevoli condizioni, e che le loro specie e varietà allignino sotto tutte le zone.
Quando una pianta, per ragione d'intime leggi o per effetto di cause esterne, cambia di forma, oppure di rapporti tra le diverse sue parti, bisogna riguardare questo fenomeno come pienamente conforme alla legge primitiva, e non considerare alcuna di queste deviazioni come aborti e retrogradazioni.
Che un organo si allunghi o si raccorci, si espanda o si contragga, si unisca o si divida, acceleri o ritardi il suo sviluppo, si manifesti o si nasconda, tutto avviene per la semplice legge della metamorfosi, la quale colla sua azione ci offre agli sguardi la simmetria o l'anomalia delle forme, la fruttificazione o la sterilità, i fenomeni discernibili e quelli incomprensibili.
Una discussione di questo genere, se fosse dato farla col sig. Vaucher seguitamente, con metodo e col sussidio degli opportuni esempi, potrebbe forse appagarlo, dacchè le sue vedute teolologiche non ne sarebbero sovvertite, e se ne troverebbero anzi avvalorate.
Il naturalista può sempre più persuadersi, quanto l'economia e la semplicità adoperate dalla Prima Causa eterna, siano atte a produrre gli enti più disparati.
Allora il diligente osservatore può scoprire anche col mezzo dei sensi cose che sembrano impossibili: chiamisi poi scopo prestabilito, o conseguenza necessaria, il risultamento ci impone di prostrarci e adorare l'arcana Origine di tutte le cose.







SULLA

TENDENZA SPIRALE   




Nei congressi dei naturalisti tedeschi a Monaco ed a Berlino l'ingegnoso non meno che dotto cavaliere de Martius giunse in poche conferenze a porre un termine a tutte le indagini morfologiche state fatte fin allora nella fisiologia vegetale, fissando l'attenzione sulla tendenza dei vegetabili, da cui sono in sostanza formati e determinati i fiori e i frutti, e che noi chiameremmo la Tendenza spirale.
Ecco le sue parole, quali si leggono nell'Iside degli anni "Questo progresso nella cognizione della vita vegetale è il risultato di quella teoria morfologica, cui vien dato il nome di Metamorfosi delle piante.
Tutti gli organi del fiore, cioè il calice, la corolla, gli stami e i nodi producenti frutto sono foglie trasformate.
Tali foglie sono adunque nella loro essenza le stesse, e diverse soltanto per l'intensità della loro metamorfosi. Ciò posto, la composizione di un fiore è basata , per ogni specie, in una disposizione e in un ordine particolare di un certo numero di foglie metamorfosate".
Questi organi, internamente identici ed esteriormente assai diversi, si distribuiscono verso la fine di un ramo od anche di uno stelo, come intorno ad un asse comune, sino a che abbiano trovato un punto di fermata nel loro concorso e nella reciproca loro unione".
Nei punti più essenziali noi ci serviamo delle stesse parole dell'egregio autore, e speriamo che siano state citate anche qui nel senso che egli dà loro. Ecco le nostre soggiunte:
Padrone del suo metodo di esposizione , l'autore tratta con tale precisione il suo tema, tanto sotto il rapporto dei numeri, come sotto quello delle proporzioni, ch'egli può dare il nome di circonvoluzioni a quei movimenti organici, in realtà identici, sebbene esteriormente diversi: egli ne segue i fenomeni regolari ed irregolari con ogni sorta di determinazioni, e vi si accosta talmente che può azzardare dei segni simbolici per le specialità, e costruire così un nuovo sistema.
Lo studio delle sopraddette dissertazioni, alcune conversazioni confidenziali con quest'uomo esimio, un modello inventato per rendere intelligibile ai sensi questa azione problematica della natura, ci posero in istato di tener dietro a queste importanti vedute, e di ritrarne una convinzione, che non dubitiamo di far passare in altrui, se riusciremo a dare la conveniente chiarezza a quanto andiamo a soggiungere.
I vasi spirali sono abbastanza conosciuti dai botanici, e specialmente da quelli che si sono occupati dell'anatomia vegetale, essi furono osservati, distinti e denominati secondo le loro varietà, benchè la loro vera destinazione si abbia ancora per problematica. Ma noi qui li consideriamo come le parti minime, che sono perfettamente simili al tutto, al quale appartengono, e che a guisa di omeomerie(1) gli co-

(1) Vocabolo usato da Anassagora per esprimere le parti similari, di cui tutti i corpi sono composti. Da homoios, simile, e meros, parte. – Dizionario Etimologico alla voce Omeomeria .

municano le loro proprietà, e ricevono alla lor volta da lui una determinazione ed un carattere. Ad esse viene attribuita una vitalità propria, la facoltà di muoversi e di prendere da sé una direzione; l'illustre Dutrochet dà a questa facoltà il nome di Incurvazione vitale.
Lasciando stare per ora le osservazioni relative a queste parti essenziali, noi procediamo nella nostra esposizione.
Non si può a meno di ammettere che nella vegetazione domina una tendenza spirale generale, mediante la quale, congiuntamente alla tendenza verticale, si compie, secondo le leggi della metamorfosi, qualunque composizione e formazione di vegetabili.
Quindi le due principali tendenze, o, se vuolsi, i due sistemi vitali, per mezzo dei quali la pianta arriva, crescendo, alla sua perfezione, sono il sistema verticale e il sistema spirale, questi principi non possono immaginarsi separati l'uno dall'altro, perchè l'uno ritrae dall'altro la propria azione. Ma in un'indagine determinata, e soprattutto in una esposizione sistematica, si rende necessario di considerarli separatamente, e di investigare quale dei due, e come, agisca; come uno ora prevalga, ora ceda al suo antagonista, ovvero si mantenga con esso in equilibrio, il che servirà a renderci ognor più evidenti le proprietà di questa coppia indivisibile.
La tendenza verticale si manifesta sin dai primordi della germinazione, è per mezzo suo che la pianta mette radici nel terreno, e nel medesimo tempo si eleva in altezza, ella si mantiene dal principio sino alla fine, e si manifesta nello stesso tempo come solidificante tanto nelle fibre estese e nei filamenti, quanto nella struttura rigida, tesa e diritta delle parti legnose. E questa stessa forza della natura che da un nodo all'altro si slancia incessantemente o in altezza od anche in altre direzioni, che trae seco i vasi spirali isolati, e così, suscitando ed afforzando la vitalità, produce una continuità di esistenza del tutto insieme, perfino nei vegetabili rampicanti e striscianti.
Nello stato d'infiorazione ella si manifesta nel modo più pronunciato, quando forma l'asse di ciascuna disposizione florale. Ma salta maggiormente all'occhio quando nello spadice e nella spata ella si presenta a non dubitarne come il sostegno e lo stelo della formazione definitiva: quindi è che, secondo i più recenti sistemi, bisogna tener sempre di vista la tendenza verticale, considerandola come il principio virile che serve di sostegno.
Noi, al contrario, vogliamo considerare la tendenza spirale come il vero principio vitale riproduttore, esso ha una intima connessione col precedente, ma si porta di preferenza alla periferia. Questa tendenza può nondimeno manifestarsi sin dalla prima germinazione, come possiamo ravvisare in alcuni Vitalbini.
Pure ella si manifesta principalmente nelle estremità e nei punti di compimento. Di tal modo le così dette foglie composte spesso finiscono in forma di viticcio, così pure dei piccoli steli compiutamente conformati, nei quali i vasi del succhio predominano e manca la solidescenza, appaiono sotto forma di viticcio o forcuti, prendendo una curvatura più o meno rapida o lenta.
Nei monocotiledoni ella si rende più di rado sensibile all'occhio in corso di cresciuta. La tendenza verticale o longitudinale sembra prevalere, le foglie e gli steli sono spinti in lunghezza da fibre diritte, ed è perciò che io non ho mai veduto viticci in questa grande classe di vegetabili.
Ma, o che nel progresso della vegetazione la tendenza spirale sia rimasta celata, o che siasi manifestata sensibilmente, essa predomina pure in tutte le formazioni dei fiori e dei frutti, nei quali, mediante uua variatissima circonvoluzione intorno al loro punto centrale, produce il mirabile risultato di rendere infine una pianta individua atta a far uscire da sé una riproduzione che va all'infinito. Eccoci così ritornati al punto da cui siamo partiti, ed alle parole primitive che ci hanno condotto a considerazioni così variate.
Ora se la premessa esposizione fornisce la desiderata spiegazione sulle forme regolari dei vegetabili, gli stessi principi devono produrre l'eguale effetto sul modo di giudicare le deformità più svariate, e che sortono totalmente dalle forme normali, come se ne potranno agevolmente convincere gli intelligenti della materia.
Ulteriori e più intime indagini ce ne daranno una cognizione e più profonda e più decisiva, e noi abbiamo motivo di attenderla, dacché lo stesso cavaliere de Martius non può oramai dispensarsi dallo spingere più innanzi le sue investigazioni su questo interessante punto, e dacché giovani naturalisti si occupano di scrutare con ogni diligenza tutti gli incidenti della circonvoluzione florale. E ciò ne accadde già di riconoscere con vero senso di ammirazione in un Saggio inserito nel volume XV degli Atti della Società Leopoldina, parte prima, e intitolato: Ricerca comparativa sull'ordine delle scaglie nel pomo del pino, per servire di introduzione alle ricerche sulla disposizione delle foglie in generale , del dottore Alessandro Braun.




FINE